#SelfieadArte

"Mi Kahlo nella parte" (Frida Kahlo - Autoritratto con scimmia, 1938)
22 Feb

"Mi Kahlo nella parte" (Frida Kahlo - Autoritratto con scimmia, 1938)

Dal primo febbraio al 3 giugno 2018, al Mudec - Museo delle Culture di Milano è allestita la mostra-evento sull’artista messicana più acclamata al mondo: “Frida Kahlo - Oltre il mito”.

Promossa dal Comune di Milano-Cultura, da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, che ne è anche il produttore, e curata da Diego Sileo, la mostra porta in Italia oltre cento opere dell’artista, tra cui una cinquantina di dipinti, oltre a disegni e fotografie. Saranno riunite - per la prima volta in Italia - in un’unica sede tutte le opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection, le due più importanti collezioni di Frida Kahlo al mondo, e con la partecipazione di autorevoli musei internazionali che presteranno alcuni dei capolavori dell’artista messicana mai visti nel nostro Paese (tra i quali, il Phoenix Art Museum, il Madison Museum of Contemporary Art e la Buffalo Albright-Knox Art Gallery).
L’allestimento della mostra riflette gli argomenti che emergono dalle ricerche degli archivi. Quattro le sezioni - Donna, terra, politica e dolore - per un percorso espositivo teso a sottolineare la forte coerenza artistica e tematica della pittrice, che va ben oltre la comune visione romantica della sua vita ricca di contraddizioni.

Frida Kahlo - Autoritratto con scimmia, 1938

"Lucrelia” (Stefano Graziani - Lucas Cranach, Lucretia 1535)
29 Gen

"Lucrelia” (Stefano Graziani - Lucas Cranach, Lucretia 1535)

Questioning Pictures” è un nuovo progetto espositivo di Stefano Graziani per l’Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele II. La mostra, curata da Francesco Zanot, include un nuovo corpus di opere commissionate dalla Fondazione Prada che esplorano la fotografia come strumento di narrazione, catalogazione e reinterpretazione. Graziani indaga sistemi di archiviazione e conservazione di musei come il Canadian Centre for Architecture (CCA) di Montreal, il Sir John Soane’s Museum di Londra, il Kunstmuseum Basel, il Museum Insel Hombroich di Neuss, il Museo di Castelvecchio a Verona e la gipsoteca del Museo Canova di Possagno, concentrandosi sul rapporto ambivalente tra fotografia e oggetto museale. Il fotografo si muove su un territorio ambiguo: da una parte svolge un lavoro di documentazione di materiali diversi come disegni e modelli architettonici, libri, fotografie e dipinti, dall’altra intraprende un percorso di interpretazione attraverso un uso attento delle luci e degli angoli di ripresa e l’inclusione nei suoi scatti di elementi di disturbo. Le sue fotografie non solo rivelano raccolte museali e archivi a cui solitamente il pubblico non ha accesso, ma li riattivano secondo logiche e prospettive del tutto soggettive. Attraverso un dispositivo allestitivo, concepito dallo studio OFFICE Kersten Geers David Van Severen come un sistema di paraventi colorati e modulabili, disposti sui due livelli dell’Osservatorio, si creano degli accostamenti visivi e semantici inaspettati tra le fotografie e tra gli oggetti rappresentati. Il modello di un edificio di Aldo Rossi è collegato a un disegno di Gordon Matta-Clark, un album fotografico di fine Ottocento su Pompei è accostato a un plastico del Pantheon in mostra al Sir John Soane’s Museum di Londra, un gesso di Antonio Canova conservato a Possagno dialoga con le Tre Grazie di Lucas Cranach esposte al Kunstmuseum Basel e ancora una maquette di un progetto utopico di Cedric Price è associata a un prototipo di tavolo disegnato da Mies van der Rohe. Ciò che unisce questo insieme eterogeneo di oggetti e opere d’arte è il pensiero di Graziani, la cui visione li trasforma in nature morte, disorientanti e inattese.

Stefano Graziani - Lucas Cranach, Lucretia 1535

"Questioning Palamede” (Stefano Graziani - Antonio Canova Palamede)
29 Gen

"Questioning Palamede” (Stefano Graziani - Antonio Canova Palamede)

Questioning Pictures” è un nuovo progetto espositivo di Stefano Graziani per l’Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele II. La mostra, curata da Francesco Zanot, include un nuovo corpus di opere commissionate dalla Fondazione Prada che esplorano la fotografia come strumento di narrazione, catalogazione e reinterpretazione. Graziani indaga sistemi di archiviazione e conservazione di musei come il Canadian Centre for Architecture (CCA) di Montreal, il Sir John Soane’s Museum di Londra, il Kunstmuseum Basel, il Museum Insel Hombroich di Neuss, il Museo di Castelvecchio a Verona e la gipsoteca del Museo Canova di Possagno, concentrandosi sul rapporto ambivalente tra fotografia e oggetto museale. Il fotografo si muove su un territorio ambiguo: da una parte svolge un lavoro di documentazione di materiali diversi come disegni e modelli architettonici, libri, fotografie e dipinti, dall’altra intraprende un percorso di interpretazione attraverso un uso attento delle luci e degli angoli di ripresa e l’inclusione nei suoi scatti di elementi di disturbo. Le sue fotografie non solo rivelano raccolte museali e archivi a cui solitamente il pubblico non ha accesso, ma li riattivano secondo logiche e prospettive del tutto soggettive. Attraverso un dispositivo allestitivo, concepito dallo studio OFFICE Kersten Geers David Van Severen come un sistema di paraventi colorati e modulabili, disposti sui due livelli dell’Osservatorio, si creano degli accostamenti visivi e semantici inaspettati tra le fotografie e tra gli oggetti rappresentati. Il modello di un edificio di Aldo Rossi è collegato a un disegno di Gordon Matta-Clark, un album fotografico di fine Ottocento su Pompei è accostato a un plastico del Pantheon in mostra al Sir John Soane’s Museum di Londra, un gesso di Antonio Canova conservato a Possagno dialoga con le Tre Grazie di Lucas Cranach esposte al Kunstmuseum Basel e ancora una maquette di un progetto utopico di Cedric Price è associata a un prototipo di tavolo disegnato da Mies van der Rohe. Ciò che unisce questo insieme eterogeneo di oggetti e opere d’arte è il pensiero di Graziani, la cui visione li trasforma in nature morte, disorientanti e inattese.

Stefano Graziani - Antonio Canova Palamede

"Guglielmo Tela” (Stefano Graziani - Natura Morta, Thonet Ludwig Miles van de Rohe, 1935)
29 Gen

"Guglielmo Tela” (Stefano Graziani - Natura Morta, Thonet Ludwig Miles van de Rohe, 1935)

Questioning Pictures” è un nuovo progetto espositivo di Stefano Graziani per l’Osservatorio in Galleria Vittorio Emanuele II. La mostra, curata da Francesco Zanot, include un nuovo corpus di opere commissionate dalla Fondazione Prada che esplorano la fotografia come strumento di narrazione, catalogazione e reinterpretazione. Graziani indaga sistemi di archiviazione e conservazione di musei come il Canadian Centre for Architecture (CCA) di Montreal, il Sir John Soane’s Museum di Londra, il Kunstmuseum Basel, il Museum Insel Hombroich di Neuss, il Museo di Castelvecchio a Verona e la gipsoteca del Museo Canova di Possagno, concentrandosi sul rapporto ambivalente tra fotografia e oggetto museale. Il fotografo si muove su un territorio ambiguo: da una parte svolge un lavoro di documentazione di materiali diversi come disegni e modelli architettonici, libri, fotografie e dipinti, dall’altra intraprende un percorso di interpretazione attraverso un uso attento delle luci e degli angoli di ripresa e l’inclusione nei suoi scatti di elementi di disturbo. Le sue fotografie non solo rivelano raccolte museali e archivi a cui solitamente il pubblico non ha accesso, ma li riattivano secondo logiche e prospettive del tutto soggettive. Attraverso un dispositivo allestitivo, concepito dallo studio OFFICE Kersten Geers David Van Severen come un sistema di paraventi colorati e modulabili, disposti sui due livelli dell’Osservatorio, si creano degli accostamenti visivi e semantici inaspettati tra le fotografie e tra gli oggetti rappresentati. Il modello di un edificio di Aldo Rossi è collegato a un disegno di Gordon Matta-Clark, un album fotografico di fine Ottocento su Pompei è accostato a un plastico del Pantheon in mostra al Sir John Soane’s Museum di Londra, un gesso di Antonio Canova conservato a Possagno dialoga con le Tre Grazie di Lucas Cranach esposte al Kunstmuseum Basel e ancora una maquette di un progetto utopico di Cedric Price è associata a un prototipo di tavolo disegnato da Mies van der Rohe. Ciò che unisce questo insieme eterogeneo di oggetti e opere d’arte è il pensiero di Graziani, la cui visione li trasforma in nature morte, disorientanti e inattese.

Stefano Graziani - Natura Morta, Thonet Ludwig Miles van de Rohe, 1935

"GRAVity" (Beatrice Gallori - Biological Rules, 2017)
22 Gen

"GRAVity" (Beatrice Gallori - Biological Rules, 2017)

La Triennale di Milano presenta Materialmente, una serie di piccole mostre, 5 appuntamenti, ideati da Angelo Crespi, che presentano il lavoro di giovani artisti/scultori capaci di rileggere in chiave moderna i materiali della tradizione.
MATERIALMENTE #3 "Biological Rules" di Beatrice Gallori.
“C’è un conflitto eterno tra la materia organica e quella inorganica, tra l’esuberanza miracolosa delle cellule e la fissità stolida del composto privo di vita, tra la forma in fieri e quella solidificata, tra la sfera e il cubo, tra il caos e il cosmo, tra l’apollineo e il dionisiaco. Si gioca nell’interstizio tra queste diadi, il lavoro di Beatrice Gallori cioè nel punto in cui sembra che l’essere aggredisca il non essere, o che il non essere prevalga infine sull’essere. Un lavoro di una raffinata lucentezza che fa della Gallori una delle artiste più interessanti della sua generazione: a metà tra la cultura pop degli anni Ottanta (per l’uso dei materiali lucidi e colorati), lo Spazialismo degli anni Sessanta (per le estroflessioni oltre la bidimensionalità), e l’arte concettuale più recente legata alle scoperte della scienza e della biologia. In questa serie di oggetti, rigorosamente rossi, la tensione tra vita e morte assume una prospettiva specchiata, piena di rimandi e riflessioni, in cui la dimensione estetica sublima la forza di una ricerca sui materiali che dura da anni.”

Beatrice Gallori - Biological Rules 2017

"OSMOsis" (Beatrice Gallori - Biological Rules, 2017)
22 Gen

"OSMOsis" (Beatrice Gallori - Biological Rules, 2017)

La Triennale di Milano presenta Materialmente, una serie di piccole mostre, 5 appuntamenti, ideati da Angelo Crespi, che presentano il lavoro di giovani artisti/scultori capaci di rileggere in chiave moderna i materiali della tradizione.
MATERIALMENTE #3 "Biological Rules" di Beatrice Gallori.
“C’è un conflitto eterno tra la materia organica e quella inorganica, tra l’esuberanza miracolosa delle cellule e la fissità stolida del composto privo di vita, tra la forma in fieri e quella solidificata, tra la sfera e il cubo, tra il caos e il cosmo, tra l’apollineo e il dionisiaco. Si gioca nell’interstizio tra queste diadi, il lavoro di Beatrice Gallori cioè nel punto in cui sembra che l’essere aggredisca il non essere, o che il non essere prevalga infine sull’essere. Un lavoro di una raffinata lucentezza che fa della Gallori una delle artiste più interessanti della sua generazione: a metà tra la cultura pop degli anni Ottanta (per l’uso dei materiali lucidi e colorati), lo Spazialismo degli anni Sessanta (per le estroflessioni oltre la bidimensionalità), e l’arte concettuale più recente legata alle scoperte della scienza e della biologia. In questa serie di oggetti, rigorosamente rossi, la tensione tra vita e morte assume una prospettiva specchiata, piena di rimandi e riflessioni, in cui la dimensione estetica sublima la forza di una ricerca sui materiali che dura da anni.”

Beatrice Gallori - Biological Rules 2017

"EXO//genous" (Beatrice Gallori - Biological Rules, 2017)
22 Gen

"EXO//genous" (Beatrice Gallori - Biological Rules, 2017)

La Triennale di Milano presenta Materialmente, una serie di piccole mostre, 5 appuntamenti, ideati da Angelo Crespi, che presentano il lavoro di giovani artisti/scultori capaci di rileggere in chiave moderna i materiali della tradizione.
MATERIALMENTE #3 "Biological Rules" di Beatrice Gallori.
“C’è un conflitto eterno tra la materia organica e quella inorganica, tra l’esuberanza miracolosa delle cellule e la fissità stolida del composto privo di vita, tra la forma in fieri e quella solidificata, tra la sfera e il cubo, tra il caos e il cosmo, tra l’apollineo e il dionisiaco. Si gioca nell’interstizio tra queste diadi, il lavoro di Beatrice Gallori cioè nel punto in cui sembra che l’essere aggredisca il non essere, o che il non essere prevalga infine sull’essere. Un lavoro di una raffinata lucentezza che fa della Gallori una delle artiste più interessanti della sua generazione: a metà tra la cultura pop degli anni Ottanta (per l’uso dei materiali lucidi e colorati), lo Spazialismo degli anni Sessanta (per le estroflessioni oltre la bidimensionalità), e l’arte concettuale più recente legata alle scoperte della scienza e della biologia. In questa serie di oggetti, rigorosamente rossi, la tensione tra vita e morte assume una prospettiva specchiata, piena di rimandi e riflessioni, in cui la dimensione estetica sublima la forza di una ricerca sui materiali che dura da anni.”

Beatrice Gallori - Biological Rules, 2017

Avec tout mon amour pour le pois (Yayoi Kusama - With All My Love for the Tulips, I Pray Forever - 2011)
17 Gen

Avec tout mon amour pour le pois (Yayoi Kusama - With All My Love for the Tulips, I Pray Forever - 2011)

Scattare Selfie con le opere d'arte è una scelta: lo so bene io, che lo faccio sistematicamente da otto anni con i miei Selfie ad Arte qui su Arts Life. Si può posare accanto a un'opera per vanità, per gioco, o per immortalare un ricordo: in ogni caso il selfie è ormai parte integrante del comportamento quotidiano di quasi ognuno di noi, anche se forse è proprio il museo il posto dove lo si fa meno facilmente, per una serie di motivi che vanno dalla paura di essere "sgridati" alla volontà di mantenere un atteggiamento serioso in un luogo tradizionalmente serio.

Se c'è però una artista che porta al Selfie anche involontario quando si vuole fotografare l'ambiente espositivo in cui opera, questa è Yayoi Kusama. Le sue installazioni immersive obbligano lo spettatore a "penetrare" l'opera, e a diventarne per forza parte. Dev'essere per questo che l'artista giapponese è di fatto la regina degli artisti su Instagram, dove ha un vero e proprio record di follower da cui viene costantemente taggata.

Dedico quindi e inevitabilmente a lei il mio Selfie ad arte di oggi, proprio nel giorno del #MuseumSelfieDay, postando un'immagine tratta dalla recente mostra newyorkese dell'artista giapponese, affinché sia uno stimolo per tutti in questo giorno dedicato al ritrarre sé stessi assieme alle opere d'arte.

Lite Rock (Michael Heizer - Levitated mass, 2012)
04 Gen

Lite Rock (Michael Heizer - Levitated mass, 2012)

Il LACMA è il più grande museo enciclopedico degli Stati Uniti a ovest di Chicago, con quasi un milione di visitatori all'anno e più di 10.000 opere d'arte, che spaziano dalla preistoria all'arte contemporanea.

Michael Heizer "Levitated mass" (2012)
L'opera è composta da una trincea in cemento armato lunga 140 metri e larga 5, al di sopra della quale è posto un enorme masso di granito, alto 6,5 metri e del peso di 308 tonnellate, sostenuto da due mensole di acciaio. Le limitate dimensioni degli appoggi, rispetto alle dimensioni del masso, danno l'impressione che esso sia "sospeso in aria". Heizer trovò il blocco monolitico di granito in una cava nei pressi di Jurupa Valley, nella contea di Riverside, distante 90 km da Los Angeles. Il trasporto è stato eseguito tramite un trasportatore appositamente costruito, lungo 90 metri e dotato di 206 ruote. Il percorso effettivo, considerando la necessità di usare solo strade adatte a questo trasporto eccezionale, è stato di 170 km. Viaggiando solo di notte, il masso ha raggiunto il luogo di installazione in 11 giorni..

Figura poliedrica in figura poliedrica (Tony Smith - Smoke, 1967)
04 Gen

Figura poliedrica in figura poliedrica (Tony Smith - Smoke, 1967)

Il LACMA è il più grande museo enciclopedico degli Stati Uniti a ovest di Chicago, con quasi un milione di visitatori all'anno e più di 10.000 opere d'arte, che spaziano dalla preistoria all'arte contemporanea.

Tony Smith "Smoke" (1967)
L'opera è diventato un'icona del LACMA sin dalla sua installazione del 2008 nell'atrio di Ahmanson Building, dove anima lo spazio di transizione tra il campus orientale e quello occidentale del museo. Oltre ad essere una delle sculture più grandi mai concepite da Smith (e la più grande concepita per uno spazio interno), Smoke riflette l'esplorazione permanente di modelli trovati nella vita organica e rappresenta il culmine del suo lavoro in architettura, pittura, disegno, e scultura.