#SelfieadArte

Ce l'ho sulla punta della lingua (Damien Hirst - Head of a Demon)
27 Lug

Ce l'ho sulla punta della lingua (Damien Hirst - Head of a Demon)

Palazzo Grassi – Punta della Dogana – Pinault Collection presenta ‘Treasures from the Wreck of the Unbelievable’. La mostra costituisce la prima grande personale dedicata a Damien Hirst in Italia ed è curata da Elena Geuna. Si estende lungo i 5.000 metri quadrati espositivi di Palazzo Grassi e Punta della Dogana, le due sedi veneziane della Pinault Collection che per la prima volta sono entrambe affidate a un singolo artista.

Il progetto è complesso e ambizioso, la sua realizzazione si è protratta lungo diversi anni. Eccezionale nelle dimensioni e nei propositi, la mostra racconta la storia dell’antico naufragio della grande nave ‘Unbelievable’ (Apistos il nome originale in greco antico) e ne espone il prezioso carico riscoperto: l’imponente collezione appartenuta al liberto Aulus Calidius Amotan, conosciuto come Cif Amotan II, destinata a un leggendario tempio dedicato al Dio Sole in oriente.
Damien Hirst è una presenza imprescindibile per la Pinault Collection che accompagna l’artista inglese nella realizzazione di un sogno aprendogli contemporaneamente le due sedi dove le opere dialogano in un gioco di specchi tra gli spazi espositivi. Fino al 3 dicembre 2017.

Una tazza di me (Damien Hirst - Demon with Bowl)
27 Lug

Una tazza di me (Damien Hirst - Demon with Bowl)

Palazzo Grassi – Punta della Dogana – Pinault Collection presenta ‘Treasures from the Wreck of the Unbelievable’. La mostra costituisce la prima grande personale dedicata a Damien Hirst in Italia ed è curata da Elena Geuna. Si estende lungo i 5.000 metri quadrati espositivi di Palazzo Grassi e Punta della Dogana, le due sedi veneziane della Pinault Collection che per la prima volta sono entrambe affidate a un singolo artista.

Il progetto è complesso e ambizioso, la sua realizzazione si è protratta lungo diversi anni. Eccezionale nelle dimensioni e nei propositi, la mostra racconta la storia dell’antico naufragio della grande nave ‘Unbelievable’ (Apistos il nome originale in greco antico) e ne espone il prezioso carico riscoperto: l’imponente collezione appartenuta al liberto Aulus Calidius Amotan, conosciuto come Cif Amotan II, destinata a un leggendario tempio dedicato al Dio Sole in oriente.
Damien Hirst è una presenza imprescindibile per la Pinault Collection che accompagna l’artista inglese nella realizzazione di un sogno aprendogli contemporaneamente le due sedi dove le opere dialogano in un gioco di specchi tra gli spazi espositivi. Fino al 3 dicembre 2017.

Autotelefonata moderna (Vincenzo Agnetti - Autotelefonata, NO NO NO)
11 Lug

Autotelefonata moderna (Vincenzo Agnetti - Autotelefonata, NO NO NO)

Fino al 24 settembre 2017, Palazzo Reale di Milano ospita la rassegna antologica dedicata a Vincenzo Agnetti (1926 – 1981), l’artista concettuale italiano che ha trasformato la parola in immagini iconiche e l’immagine in poesia.

La mostra A cent’anni da adesso, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Archivio Agnetti, curata da Marco Meneguzzo insieme all’Archivio Agnetti, ci invita, attraverso un’analisi critica e “sentimentale”, a riscoprire l’universo artistico di Vincenzo Agnetti cogliendone l’originalità, il rigore critico, la poetica e la straordinaria contemporaneità.

Sono esposte più di cento opere, realizzate tra il 1967 e il 1981, che nel loro insieme restituiscono un’immagine chiara del percorso dell’artista: la sua tensione poetica e visionaria, lo spiccato interesse per l’analisi dei processi creativi e per l’arte come statuto, il suo ruolo di investigatore linguistico e di sovvertitore dei meccanismi del potere, inclusi quelli della parola scritta, detta, tradotta in immagini limpide ed evocative, perché per Agnetti tutto è linguaggio: “Immagini e parole fanno parte di un unico pensiero. A volte la pausa, la punteggiatura è realizzata dalle immagini a volte invece è la scrittura stessa.”

La parola in tutte le sue opere non si limita dunque ai rapporti semiologici, come spesso accade nell’arte concettuale di quegli anni, piuttosto realizza immagini, suggerisce indagini, costruisce narrazioni. Agnetti utilizza il paradosso visivo e concettuale per creare cortocircuiti interpretativi pronti per essere elaborati e rivisitati dall’osservatore, affidando al pensiero di chi guarda lo sviluppo e il senso di quanto ha scritto e immaginato. Per lui è sempre stato importante che il visitatore continuasse a vedere la mostra, con gli occhi della mente, anche dopo essere uscito dalla galleria.

“Con questo appuntamento riscopriremo uno dei più grandi artisti concettuali – afferma Marco Meneguzzo - Il suo concettualismo è diverso da quello anglosassone, americano, e anche da quello europeo; quello di Vincenzo Agnetti ha un risvolto metafisico e letterario, pieno della nostra cultura, vorrei dire mediterraneo, se oggi questo aggettivo non apparisse riduttivo”.

La parabola artistica di Agnetti è stata breve, muore a soli 54 anni nel 1981, ma così intensa e tumultuosa da rendere difficile tenerne le tracce in maniera compiuta. Per questo, forse, è in realtà ancora poco conosciuto e quindi da riscoprire nella sua poliedrica complessità; la mostra A cent’anni da adesso va in questa direzione.

Vincenzo Agnetti - Autotelefonata NO NO NO, 1972

Il trono della regina di spade (Vincenzo Agnetti & Paolo Scheggi - Trono)
11 Lug

Il trono della regina di spade (Vincenzo Agnetti & Paolo Scheggi - Trono)

Fino al 24 settembre 2017, Palazzo Reale di Milano ospita la rassegna antologica dedicata a Vincenzo Agnetti (1926 – 1981), l’artista concettuale italiano che ha trasformato la parola in immagini iconiche e l’immagine in poesia.

La mostra A cent’anni da adesso, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Archivio Agnetti, curata da Marco Meneguzzo insieme all’Archivio Agnetti, ci invita, attraverso un’analisi critica e “sentimentale”, a riscoprire l’universo artistico di Vincenzo Agnetti cogliendone l’originalità, il rigore critico, la poetica e la straordinaria contemporaneità.

Sono esposte più di cento opere, realizzate tra il 1967 e il 1981, che nel loro insieme restituiscono un’immagine chiara del percorso dell’artista: la sua tensione poetica e visionaria, lo spiccato interesse per l’analisi dei processi creativi e per l’arte come statuto, il suo ruolo di investigatore linguistico e di sovvertitore dei meccanismi del potere, inclusi quelli della parola scritta, detta, tradotta in immagini limpide ed evocative, perché per Agnetti tutto è linguaggio: “Immagini e parole fanno parte di un unico pensiero. A volte la pausa, la punteggiatura è realizzata dalle immagini a volte invece è la scrittura stessa.”

La parola in tutte le sue opere non si limita dunque ai rapporti semiologici, come spesso accade nell’arte concettuale di quegli anni, piuttosto realizza immagini, suggerisce indagini, costruisce narrazioni. Agnetti utilizza il paradosso visivo e concettuale per creare cortocircuiti interpretativi pronti per essere elaborati e rivisitati dall’osservatore, affidando al pensiero di chi guarda lo sviluppo e il senso di quanto ha scritto e immaginato. Per lui è sempre stato importante che il visitatore continuasse a vedere la mostra, con gli occhi della mente, anche dopo essere uscito dalla galleria.

“Con questo appuntamento riscopriremo uno dei più grandi artisti concettuali – afferma Marco Meneguzzo - Il suo concettualismo è diverso da quello anglosassone, americano, e anche da quello europeo; quello di Vincenzo Agnetti ha un risvolto metafisico e letterario, pieno della nostra cultura, vorrei dire mediterraneo, se oggi questo aggettivo non apparisse riduttivo”.

La parabola artistica di Agnetti è stata breve, muore a soli 54 anni nel 1981, ma così intensa e tumultuosa da rendere difficile tenerne le tracce in maniera compiuta. Per questo, forse, è in realtà ancora poco conosciuto e quindi da riscoprire nella sua poliedrica complessità; la mostra A cent’anni da adesso va in questa direzione.

Vincenzo Agnetti & Paolo Scheggi - Trono, 1970

io io io io io (Vincenzo Agnetti - Oltre il linguaggio)
11 Lug

io io io io io (Vincenzo Agnetti - Oltre il linguaggio)

Fino al 24 settembre 2017, Palazzo Reale di Milano ospita la rassegna antologica dedicata a Vincenzo Agnetti (1926 – 1981), l’artista concettuale italiano che ha trasformato la parola in immagini iconiche e l’immagine in poesia.

La mostra A cent’anni da adesso, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Archivio Agnetti, curata da Marco Meneguzzo insieme all’Archivio Agnetti, ci invita, attraverso un’analisi critica e “sentimentale”, a riscoprire l’universo artistico di Vincenzo Agnetti cogliendone l’originalità, il rigore critico, la poetica e la straordinaria contemporaneità.

Sono esposte più di cento opere, realizzate tra il 1967 e il 1981, che nel loro insieme restituiscono un’immagine chiara del percorso dell’artista: la sua tensione poetica e visionaria, lo spiccato interesse per l’analisi dei processi creativi e per l’arte come statuto, il suo ruolo di investigatore linguistico e di sovvertitore dei meccanismi del potere, inclusi quelli della parola scritta, detta, tradotta in immagini limpide ed evocative, perché per Agnetti tutto è linguaggio: “Immagini e parole fanno parte di un unico pensiero. A volte la pausa, la punteggiatura è realizzata dalle immagini a volte invece è la scrittura stessa.”

La parola in tutte le sue opere non si limita dunque ai rapporti semiologici, come spesso accade nell’arte concettuale di quegli anni, piuttosto realizza immagini, suggerisce indagini, costruisce narrazioni. Agnetti utilizza il paradosso visivo e concettuale per creare cortocircuiti interpretativi pronti per essere elaborati e rivisitati dall’osservatore, affidando al pensiero di chi guarda lo sviluppo e il senso di quanto ha scritto e immaginato. Per lui è sempre stato importante che il visitatore continuasse a vedere la mostra, con gli occhi della mente, anche dopo essere uscito dalla galleria.

“Con questo appuntamento riscopriremo uno dei più grandi artisti concettuali – afferma Marco Meneguzzo - Il suo concettualismo è diverso da quello anglosassone, americano, e anche da quello europeo; quello di Vincenzo Agnetti ha un risvolto metafisico e letterario, pieno della nostra cultura, vorrei dire mediterraneo, se oggi questo aggettivo non apparisse riduttivo”.

La parabola artistica di Agnetti è stata breve, muore a soli 54 anni nel 1981, ma così intensa e tumultuosa da rendere difficile tenerne le tracce in maniera compiuta. Per questo, forse, è in realtà ancora poco conosciuto e quindi da riscoprire nella sua poliedrica complessità; la mostra A cent’anni da adesso va in questa direzione.

Vincenzo Agnetti - Oltre il linguaggio, 1967

Crystal math (Vincenzo Agnetti - La macchina drogata)
11 Lug

Crystal math (Vincenzo Agnetti - La macchina drogata)

Fino al 24 settembre 2017, Palazzo Reale di Milano ospita la rassegna antologica dedicata a Vincenzo Agnetti (1926 – 1981), l’artista concettuale italiano che ha trasformato la parola in immagini iconiche e l’immagine in poesia.

La mostra A cent’anni da adesso, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Archivio Agnetti, curata da Marco Meneguzzo insieme all’Archivio Agnetti, ci invita, attraverso un’analisi critica e “sentimentale”, a riscoprire l’universo artistico di Vincenzo Agnetti cogliendone l’originalità, il rigore critico, la poetica e la straordinaria contemporaneità.

Sono esposte più di cento opere, realizzate tra il 1967 e il 1981, che nel loro insieme restituiscono un’immagine chiara del percorso dell’artista: la sua tensione poetica e visionaria, lo spiccato interesse per l’analisi dei processi creativi e per l’arte come statuto, il suo ruolo di investigatore linguistico e di sovvertitore dei meccanismi del potere, inclusi quelli della parola scritta, detta, tradotta in immagini limpide ed evocative, perché per Agnetti tutto è linguaggio: “Immagini e parole fanno parte di un unico pensiero. A volte la pausa, la punteggiatura è realizzata dalle immagini a volte invece è la scrittura stessa.”

La parola in tutte le sue opere non si limita dunque ai rapporti semiologici, come spesso accade nell’arte concettuale di quegli anni, piuttosto realizza immagini, suggerisce indagini, costruisce narrazioni. Agnetti utilizza il paradosso visivo e concettuale per creare cortocircuiti interpretativi pronti per essere elaborati e rivisitati dall’osservatore, affidando al pensiero di chi guarda lo sviluppo e il senso di quanto ha scritto e immaginato. Per lui è sempre stato importante che il visitatore continuasse a vedere la mostra, con gli occhi della mente, anche dopo essere uscito dalla galleria.

“Con questo appuntamento riscopriremo uno dei più grandi artisti concettuali – afferma Marco Meneguzzo - Il suo concettualismo è diverso da quello anglosassone, americano, e anche da quello europeo; quello di Vincenzo Agnetti ha un risvolto metafisico e letterario, pieno della nostra cultura, vorrei dire mediterraneo, se oggi questo aggettivo non apparisse riduttivo”.

La parabola artistica di Agnetti è stata breve, muore a soli 54 anni nel 1981, ma così intensa e tumultuosa da rendere difficile tenerne le tracce in maniera compiuta. Per questo, forse, è in realtà ancora poco conosciuto e quindi da riscoprire nella sua poliedrica complessità; la mostra A cent’anni da adesso va in questa direzione.

Vincenzo Agnetti - La macchina drogata, 1968

Punt e me (Vincenzo Agnetti - Il punto è solo e solo un perimetro attorno a se stesso)
11 Lug

Punt e me (Vincenzo Agnetti - Il punto è solo e solo un perimetro attorno a se stesso)

Fino al 24 settembre 2017, Palazzo Reale di Milano ospita la rassegna antologica dedicata a Vincenzo Agnetti (1926 – 1981), l’artista concettuale italiano che ha trasformato la parola in immagini iconiche e l’immagine in poesia.

La mostra A cent’anni da adesso, promossa e prodotta da Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Archivio Agnetti, curata da Marco Meneguzzo insieme all’Archivio Agnetti, ci invita, attraverso un’analisi critica e “sentimentale”, a riscoprire l’universo artistico di Vincenzo Agnetti cogliendone l’originalità, il rigore critico, la poetica e la straordinaria contemporaneità.

Sono esposte più di cento opere, realizzate tra il 1967 e il 1981, che nel loro insieme restituiscono un’immagine chiara del percorso dell’artista: la sua tensione poetica e visionaria, lo spiccato interesse per l’analisi dei processi creativi e per l’arte come statuto, il suo ruolo di investigatore linguistico e di sovvertitore dei meccanismi del potere, inclusi quelli della parola scritta, detta, tradotta in immagini limpide ed evocative, perché per Agnetti tutto è linguaggio: “Immagini e parole fanno parte di un unico pensiero. A volte la pausa, la punteggiatura è realizzata dalle immagini a volte invece è la scrittura stessa.”

La parola in tutte le sue opere non si limita dunque ai rapporti semiologici, come spesso accade nell’arte concettuale di quegli anni, piuttosto realizza immagini, suggerisce indagini, costruisce narrazioni. Agnetti utilizza il paradosso visivo e concettuale per creare cortocircuiti interpretativi pronti per essere elaborati e rivisitati dall’osservatore, affidando al pensiero di chi guarda lo sviluppo e il senso di quanto ha scritto e immaginato. Per lui è sempre stato importante che il visitatore continuasse a vedere la mostra, con gli occhi della mente, anche dopo essere uscito dalla galleria.

“Con questo appuntamento riscopriremo uno dei più grandi artisti concettuali – afferma Marco Meneguzzo - Il suo concettualismo è diverso da quello anglosassone, americano, e anche da quello europeo; quello di Vincenzo Agnetti ha un risvolto metafisico e letterario, pieno della nostra cultura, vorrei dire mediterraneo, se oggi questo aggettivo non apparisse riduttivo”.

La parabola artistica di Agnetti è stata breve, muore a soli 54 anni nel 1981, ma così intensa e tumultuosa da rendere difficile tenerne le tracce in maniera compiuta. Per questo, forse, è in realtà ancora poco conosciuto e quindi da riscoprire nella sua poliedrica complessità; la mostra A cent’anni da adesso va in questa direzione.

Vincenzo Agnetti - Il punto è solo e solo un perimetro attorno a se stesso, 1970

L’ondina (Angela Detanico & Rafael Lain - Wave)
04 Lug

L’ondina (Angela Detanico & Rafael Lain - Wave)

La collettiva "Natura Plastica", visitabile fino al 24 luglio presso Blindarte in Via Palermo a Milano si svolge intorno al concetto di idea. L'esposizione si riferisce, nello specifico, al pensiero seicentesco neoplatonico: il curatore Memmo Grilli ha posto la propria attenzione in particolare alle teorie di Ralph Cudworth, che pur rimanendo legate a una spiritualità dogmatica (Cudworth era pastore di una piccola parrocchia) lascia intravedere spiragli di libertà e autodeterminazione; per i tempi e i contesti, cosa non da poco, tanto è vero che avrà una forte influenza non solo sul concetto di idea o di libertà, ma anche su quello di natura - che si fa "essere vivente non consapevole" - e di conseguenza su tutto il pensiero europeo. E questo pensiero, traslato in contesto artistico, è al centro della mostra, dove saranno presenti opere create in epoche del tutto differenti, ma coese nel rappresentare questi temi.
Sono presenti, tra le altre, opere di Micco Spadaro, Raffaele Belliazzi, Giuseppe Casciaro, Joseph Beuys, Davide Cantoni, Man Ray, Anselm Kiefer, Matteo Procaccioli, Enrico Baj, Massimo Bartolini, Emilio Cavallini, Christo, Jeff Koons, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Andy Warhol e Francesca Woodman.

 

Angela Detanico & Rafael Lain - Wave, 2011

… e vai fuori di gamba! (Emilio Cavallini - senza titolo)
04 Lug

… e vai fuori di gamba! (Emilio Cavallini - senza titolo)

La collettiva "Natura Plastica", visitabile fino al 24 luglio presso Blindarte in Via Palermo a Milano si svolge intorno al concetto di idea. L'esposizione si riferisce, nello specifico, al pensiero seicentesco neoplatonico: il curatore Memmo Grilli ha posto la propria attenzione in particolare alle teorie di Ralph Cudworth, che pur rimanendo legate a una spiritualità dogmatica (Cudworth era pastore di una piccola parrocchia) lascia intravedere spiragli di libertà e autodeterminazione; per i tempi e i contesti, cosa non da poco, tanto è vero che avrà una forte influenza non solo sul concetto di idea o di libertà, ma anche su quello di natura - che si fa "essere vivente non consapevole" - e di conseguenza su tutto il pensiero europeo. E questo pensiero, traslato in contesto artistico, è al centro della mostra, dove saranno presenti opere create in epoche del tutto differenti, ma coese nel rappresentare questi temi.
Sono presenti, tra le altre, opere di Micco Spadaro, Raffaele Belliazzi, Giuseppe Casciaro, Joseph Beuys, Davide Cantoni, Man Ray, Anselm Kiefer, Matteo Procaccioli, Enrico Baj, Massimo Bartolini, Emilio Cavallini, Christo, Jeff Koons, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Andy Warhol e Francesca Woodman.

 

Emilio Cavallini - senza titolo

In cuccetta (Satoshi Hirose - Casa del Peperoncino)
04 Lug

In cuccetta (Satoshi Hirose - Casa del Peperoncino)

La collettiva "Natura Plastica", visitabile fino al 24 luglio presso Blindarte in Via Palermo a Milano si svolge intorno al concetto di idea. L'esposizione si riferisce, nello specifico, al pensiero seicentesco neoplatonico: il curatore Memmo Grilli ha posto la propria attenzione in particolare alle teorie di Ralph Cudworth, che pur rimanendo legate a una spiritualità dogmatica (Cudworth era pastore di una piccola parrocchia) lascia intravedere spiragli di libertà e autodeterminazione; per i tempi e i contesti, cosa non da poco, tanto è vero che avrà una forte influenza non solo sul concetto di idea o di libertà, ma anche su quello di natura - che si fa "essere vivente non consapevole" - e di conseguenza su tutto il pensiero europeo. E questo pensiero, traslato in contesto artistico, è al centro della mostra, dove saranno presenti opere create in epoche del tutto differenti, ma coese nel rappresentare questi temi.
Sono presenti, tra le altre, opere di Micco Spadaro, Raffaele Belliazzi, Giuseppe Casciaro, Joseph Beuys, Davide Cantoni, Man Ray, Anselm Kiefer, Matteo Procaccioli, Enrico Baj, Massimo Bartolini, Emilio Cavallini, Christo, Jeff Koons, Mimmo Rotella, Mario Schifano, Andy Warhol e Francesca Woodman.

 

Satoshi Hirose - Casa del Peperoncino, 2004