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Testa Orfica V (Nicola de Maria - Testa Orfica V)
05 Mag

Testa Orfica V (Nicola de Maria - Testa Orfica V)

Alla vigilia dell’apertura del 57ª Esposizione d’Arte Internazionale - La Biennale di Venezia, Cortesi Gallery apre il nuovo spazio a Milano con una mostra dedicata a Nicola De Maria. Si tratta della terza galleria di Stefano Cortesi che, con i figli Andrea e Lorenzo, ha aperto la prima sede a Lugano nel 2013, e, a seguire, una a Londra nel 2015.
La mostra nel nuovo spazio espositivo milanese riunisce le cinque monumentali tele realizzate da De Maria in occasione della sua partecipazione alla Biennale di Venezia del 1990, e vuole essere un omaggio a questa importante istituzione e agli artisti che negli anni vi hanno partecipato.

Nicola De Maria è uno dei protagonisti della Transavanguardia italiana, movimento teorizzato da Achille Bonito Oliva a metà degli anni Settanta che, ridimensionando l’ottimismo sperimentale delle avanguardie, si delineava come un’arte di transizione, un movimento di nomadismo culturale, un eclettismo stilistico, un recupero della pittura e degli stili, astratto e figurativo, condensati in una stessa opera in piena libertà. Nel 1990 Nicola De Maria, invitato per la terza volta a esporre alla Biennale di Venezia, è al Padiglione Italia assieme a Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Dadamaino, Gino De Dominicis, Alberto Garutti, Giuseppe Maraniello, Carlo Maria Mariani, Vettor Pisani e altri.

I curatori, Laura Cherubini, Flaminio Gualdoni e Lea Vergine, assegnarono un’intera sala a ogni artista. Nella sala a lui dedicata, Nicola De Maria realizza un intervento immersivo: grandi campiture di colore sommergono di giallo, rosso, blu, arancio, viola, verde, le pareti della sua sala, sulle quali l’artista installa le cinque grandi tele in mostra da Cortesi Gallery di Milano. Con i loro tre metri di altezza l’una, e lunghezze che superano anche i cinque, le Teste Orfiche (così le intitola l’artista, numerandole da I a V) richiamano allo stesso tempo imprecise forme geometriche, paesaggi naturali e immaginifici cieli stellati, ma anche le suggestioni visive di una partitura musicale. Con la loro ‘violenza’ cromatica, queste opere coinvolgono e avvolgono lo spettatore in uno spazio infinito di colore, vivendo di una particolare luce che sembrano sprigionare piuttosto che ricevere dall’esterno, effetto ottenuto dall’artista con l’utilizzo di pigmenti naturali in un ritorno alle tecniche primigenie della pittura.

Così come fu per la Biennale di Venezia prima, e per la mostra al Museo Pecci poi, quando le opere vennero ripresentate nel 2012, anche nella mostra milanese le cinque grandi tele saranno accompagnate da una serie di opere storiche di dimensioni minori che andranno a completare l’esperienza avvolgente di ‘costellazione’ voluta dall’artista.

Le opere saranno in mostra nella nuova sede della Cortesi Gallery a Milano fino al 21 luglio 2017.

Selfie perpetuo (Matteo Negri, Piano Piano Giga)
14 Apr

Selfie perpetuo (Matteo Negri, Piano Piano Giga)

La mostra “17 sculture a colori” di Matteo Negri, l’artista milanese che usa il colore come fondamentale elemento di dialogo tra lo spazio e la forma e ne fa uno strumento di indagine della superficie e delle sue possibilità riflettenti, sarà alla galleria Lorenzelli Arte fino al 27 maggio 2017.

Le sue opere spaziano da installazioni di carattere ambientale, realizzate con specchi speciali e luci teatrali, a sculture in cui vengono impiegati materiali compostiti (resine epossilche, silicone) e acciaio.  Curata da Pietro Gaglianò e Ivan Quaroni la rassegna pone l’accento sulla ricerca che Negri ha sviluppato nel tempo creando una propria grammatica formale e una logica linguistica, basata su una solida esperienza artigianale, tecnica e progettuale.

L’artista ha ideato per gli spazi di Lorenzelli Arte due installazioni composte da 17 sculture, così come dice il titolo della rassegna, dove lo spazio e il volume sono sempre protagonisti e si relazionano attraverso il colore che crea connessioni per mezzo di vetri cangianti, acciai, specchi. Mediante la pratica della scultura – che si dilata, espande gli oggetti e capovolge i piani – e il disorientamento percettivo che ne deriva. Negri definisce relazioni, vicine e lontane, simbiotiche ma antagoniste, tra l’ambiente e il suo osservatore.

La sensazione di spaesamento è determinata da una grande istallazione composta da cinque elementi: sculture in ferro e vetro di differenti dimensioni, costituite da lastre ad incastro che, come poliedri che si scompongono e ricompongono, producono innumerevoli riflessioni, rendendo le opere catalizzatori di infinite potenzialità visuali. Attraverso questi elementi installativi, quasi delle “gemme aperte” – afferma Negri – l’osservatore è chiamato in causa, mediante una lenta contemplazione, a determinare se stesso nella relazione con le opere e a ricostruire il rapporto che lo lega allo spazio.

 

Matteo Negri, Piano Piano Giga - 2017

A Cleliawork orange (Matteo Negri, Piano Piano Leila)
14 Apr

A Cleliawork orange (Matteo Negri, Piano Piano Leila)

La mostra “17 sculture a colori” di Matteo Negri, l’artista milanese che usa il colore come fondamentale elemento di dialogo tra lo spazio e la forma e ne fa uno strumento di indagine della superficie e delle sue possibilità riflettenti, sarà alla galleria Lorenzelli Arte fino al 27 maggio 2017.

Le sue opere spaziano da installazioni di carattere ambientale, realizzate con specchi speciali e luci teatrali, a sculture in cui vengono impiegati materiali compostiti (resine epossilche, silicone) e acciaio.  Curata da Pietro Gaglianò e Ivan Quaroni la rassegna pone l’accento sulla ricerca che Negri ha sviluppato nel tempo creando una propria grammatica formale e una logica linguistica, basata su una solida esperienza artigianale, tecnica e progettuale.

L’artista ha ideato per gli spazi di Lorenzelli Arte due installazioni composte da 17 sculture, così come dice il titolo della rassegna, dove lo spazio e il volume sono sempre protagonisti e si relazionano attraverso il colore che crea connessioni per mezzo di vetri cangianti, acciai, specchi. Mediante la pratica della scultura – che si dilata, espande gli oggetti e capovolge i piani – e il disorientamento percettivo che ne deriva. Negri definisce relazioni, vicine e lontane, simbiotiche ma antagoniste, tra l’ambiente e il suo osservatore.

La sensazione di spaesamento è determinata da una grande istallazione composta da cinque elementi: sculture in ferro e vetro di differenti dimensioni, costituite da lastre ad incastro che, come poliedri che si scompongono e ricompongono, producono innumerevoli riflessioni, rendendo le opere catalizzatori di infinite potenzialità visuali. Attraverso questi elementi installativi, quasi delle “gemme aperte” – afferma Negri – l’osservatore è chiamato in causa, mediante una lenta contemplazione, a determinare se stesso nella relazione con le opere e a ricostruire il rapporto che lo lega allo spazio.

 

Matteo Negri, Piano Piano Leila - 2017

Base x altezza : 2 (Matteo Negri, Piano Piano Morris)
14 Apr

Base x altezza : 2 (Matteo Negri, Piano Piano Morris)

La mostra “17 sculture a colori” di Matteo Negri, l’artista milanese che usa il colore come fondamentale elemento di dialogo tra lo spazio e la forma e ne fa uno strumento di indagine della superficie e delle sue possibilità riflettenti, sarà alla galleria Lorenzelli Arte fino al 27 maggio 2017.

Le sue opere spaziano da installazioni di carattere ambientale, realizzate con specchi speciali e luci teatrali, a sculture in cui vengono impiegati materiali compostiti (resine epossilche, silicone) e acciaio.  Curata da Pietro Gaglianò e Ivan Quaroni la rassegna pone l’accento sulla ricerca che Negri ha sviluppato nel tempo creando una propria grammatica formale e una logica linguistica, basata su una solida esperienza artigianale, tecnica e progettuale.

L’artista ha ideato per gli spazi di Lorenzelli Arte due installazioni composte da 17 sculture, così come dice il titolo della rassegna, dove lo spazio e il volume sono sempre protagonisti e si relazionano attraverso il colore che crea connessioni per mezzo di vetri cangianti, acciai, specchi. Mediante la pratica della scultura – che si dilata, espande gli oggetti e capovolge i piani – e il disorientamento percettivo che ne deriva. Negri definisce relazioni, vicine e lontane, simbiotiche ma antagoniste, tra l’ambiente e il suo osservatore.

La sensazione di spaesamento è determinata da una grande istallazione composta da cinque elementi: sculture in ferro e vetro di differenti dimensioni, costituite da lastre ad incastro che, come poliedri che si scompongono e ricompongono, producono innumerevoli riflessioni, rendendo le opere catalizzatori di infinite potenzialità visuali. Attraverso questi elementi installativi, quasi delle “gemme aperte” – afferma Negri – l’osservatore è chiamato in causa, mediante una lenta contemplazione, a determinare se stesso nella relazione con le opere e a ricostruire il rapporto che lo lega allo spazio.

 

Matteo Negri, Piano Piano Morris - 2017

Tace. E cerca pace. (Adrian Paci, Rasha)
10 Apr

Tace. E cerca pace. (Adrian Paci, Rasha)

Dal 28 marzo al 25 giugno 2017, il Complesso Museale “Chiostri di Sant’Eustorgio” di Milano accoglie The Guardians, la personale di Adrian Paci. La mostra, curata da Gabi Scardi vede il complesso di Sant’Eustorgio ospitare l’arte contemporanea – coinvolgendo luoghi di particolare fascino e di straordinaria importanza storica, come il Cimitero Paleocristiano e la Cappella Portinari in sant’Eustorgio e la Sala dell’Arciconfraternita del Museo Diocesano.

“Le opere di Adrian Paci nascono come risposta a una ricerca di senso dettata da necessità interiori e come modo attivo di pensare la contemporaneità. Nel suo lavoro, che si nutre di una profonda familiarità con la storia dell’arte, convivono l’osservazione delle dinamichesociali del presente, attenzione per la densità simbolica dei gesti e un interesse per le possibilità interpretative delle immagini. Motivi centrali della sua opera sono il viaggio, l’attraversamento, l’attesa, che è anzitutto aspettativa di futuro, e il rapporto con il luogo e il tempo dell’origine, che non sono tanto dimensioni alle quali tornare, quanto riferimenti profondi da portare con sé, affinchè gli atti, anche i più quotidiani, si possano manifestare nella loro densità di significato. Albanese di nascita, italiano di adozione dal 1997, nella migracità Adrian Paci vede la condizione più propria dell’uomo e dell’artista, un continuo stimolo a immaginare nuovi modi di vivere, nuove possibili relazioni con il contesto e anche nuovi linguaggi con i quali esprimersi. La sua pratica artistica che non conosce confini. Le immagini che lo attraggono sono specifiche, attuali e danno adito a profonde riflessioni sul rapporto tra economia e giustizia sociale. Nello stesso tempo vi è possibile leggere l’intera storia dell’uomo; sono gesti sobri, intimi e solenni insieme, capaci di farsi esemplari in virtù di una matrice antica e profonda; vi si individua quel sostrato emotivo e culturale che, come un minimo comune denominatore, avvicina gli uomini. Così nelle sue opere, l’attenzione nei confronti del presente genera slittamenti di piano verso significati ulteriori: con il loro nucleo denso, non immediatamente parafrasabile, ma carico di rimandi e di risonanze, ognuna di esse si offre a innumerevoli possibilità di lettura.”

 

Rasha. Il video nasce dall’incontro di Adrian Paci con Rasha, una donna palestinese che viene dalla Siria recentemente approdata a Roma grazie ai corridoi umanitari. Rasha viene ripresa mentre racconta la propria storia. Le immagin che scorrono nel video, però, corrispondono ai momenti in cui, tra una frase e l’altra, la donna tace, in attesa che le sue parole vengano tradotte. Così la vediamo ascoltare la propria stessa storia, reinterpretata. In queste fasi di silenzio la sua postura, i gesti, le espressiono che le si alternano sul volto comunicano non solo la tensione del racconto, ma tutta la forza di un’esperienza vissuta che non è del tutto parafrasabile a parole. Tra la narrazione verbale e quella del corpo, tra il volto silenzioso e la voce che racconta in arabo, si crea una sfasatura. Le mille sfaccettature dell’espressione del volto della donna parlano più delle sue parole. Rasha diventa la protagonista non solo della storia e del racconto, ma anche dell’ascolto di questa storia. Rasha è un’opera sulla complessità del racconto; su come l’esperienza si faccia racconto e linguaggio non solo attraverso la parola, ma anche attraverso il linguaggio del corpo.Su un foglio che è possibile portare via con sé ritroviamo, tradotte, le parole di Rasha.

Due sotto un tetto (Adrian Paci, Home To Go)
10 Apr

Due sotto un tetto (Adrian Paci, Home To Go)

Dal 28 marzo al 25 giugno 2017, il Complesso Museale “Chiostri di Sant’Eustorgio” di Milano accoglie The Guardians, la personale di Adrian Paci. La mostra, curata da Gabi Scardi vede il complesso di Sant’Eustorgio ospitare l’arte contemporanea – coinvolgendo luoghi di particolare fascino e di straordinaria importanza storica, come il Cimitero Paleocristiano e la Cappella Portinari in sant’Eustorgio e la Sala dell’Arciconfraternita del Museo Diocesano.

“Le opere di Adrian Paci nascono come risposta a una ricerca di senso dettata da necessità interiori e come modo attivo di pensare la contemporaneità. Nel suo lavoro, che si nutre di una profonda familiarità con la storia dell’arte, convivono l’osservazione delle dinamichesociali del presente, attenzione per la densità simbolica dei gesti e un interesse per le possibilità interpretative delle immagini. Motivi centrali della sua opera sono il viaggio, l’attraversamento, l’attesa, che è anzitutto aspettativa di futuro, e il rapporto con il luogo e il tempo dell’origine, che non sono tanto dimensioni alle quali tornare, quanto riferimenti profondi da portare con sé, affinchè gli atti, anche i più quotidiani, si possano manifestare nella loro densità di significato. Albanese di nascita, italiano di adozione dal 1997, nella migracità Adrian Paci vede la condizione più propria dell’uomo e dell’artista, un continuo stimolo a immaginare nuovi modi di vivere, nuove possibili relazioni con il contesto e anche nuovi linguaggi con i quali esprimersi. La sua pratica artistica che non conosce confini. Le immagini che lo attraggono sono specifiche, attuali e danno adito a profonde riflessioni sul rapporto tra economia e giustizia sociale. Nello stesso tempo vi è possibile leggere l’intera storia dell’uomo; sono gesti sobri, intimi e solenni insieme, capaci di farsi esemplari in virtù di una matrice antica e profonda; vi si individua quel sostrato emotivo e culturale che, come un minimo comune denominatore, avvicina gli uomini. Così nelle sue opere, l’attenzione nei confronti del presente genera slittamenti di piano verso significati ulteriori: con il loro nucleo denso, non immediatamente parafrasabile, ma carico di rimandi e di risonanze, ognuna di esse si offre a innumerevoli possibilità di lettura.”

 

Home to go. La sagrestia monumentale ospita la scultura a grandezza naturale in polvere di marmo e resina, in cui l’artista si ritrae come una sorta di viandante, spoglio di tutto, con un tetto sulle spalle, quasi si trattasse di un paio di ali. La figura richiama alla mente iconografie classiche e religiose. L’opera costituisce un’espressione eloquente e sintetica della fatica di avanzare carichi di memorie, e della ricchezza irrinunciabile, ma anche del pesante fardello rappresentato da un’identità complessa e stratificata. Oggi l’idea di mobilità, di scambio e di velocità diventano condizioni di vita e dimensione psicologica diffusa. Eppure conciliare il senso di appartenenza con la realtà della dislocazione geografica resta un’esperienza complessa.

In Paci con me stessa (Adrian Paci, The Encounter)
10 Apr

In Paci con me stessa (Adrian Paci, The Encounter)

Dal 28 marzo al 25 giugno 2017, il Complesso Museale “Chiostri di Sant’Eustorgio” di Milano accoglie The Guardians, la personale di Adrian Paci. La mostra, curata da Gabi Scardi vede il complesso di Sant’Eustorgio ospitare l’arte contemporanea – coinvolgendo luoghi di particolare fascino e di straordinaria importanza storica, come il Cimitero Paleocristiano e la Cappella Portinari in sant’Eustorgio e la Sala dell’Arciconfraternita del Museo Diocesano.

“Le opere di Adrian Paci nascono come risposta a una ricerca di senso dettata da necessità interiori e come modo attivo di pensare la contemporaneità. Nel suo lavoro, che si nutre di una profonda familiarità con la storia dell’arte, convivono l’osservazione delle dinamichesociali del presente, attenzione per la densità simbolica dei gesti e un interesse per le possibilità interpretative delle immagini. Motivi centrali della sua opera sono il viaggio, l’attraversamento, l’attesa, che è anzitutto aspettativa di futuro, e il rapporto con il luogo e il tempo dell’origine, che non sono tanto dimensioni alle quali tornare, quanto riferimenti profondi da portare con sé, affinchè gli atti, anche i più quotidiani, si possano manifestare nella loro densità di significato. Albanese di nascita, italiano di adozione dal 1997, nella migracità Adrian Paci vede la condizione più propria dell’uomo e dell’artista, un continuo stimolo a immaginare nuovi modi di vivere, nuove possibili relazioni con il contesto e anche nuovi linguaggi con i quali esprimersi. La sua pratica artistica che non conosce confini. Le immagini che lo attraggono sono specifiche, attuali e danno adito a profonde riflessioni sul rapporto tra economia e giustizia sociale. Nello stesso tempo vi è possibile leggere l’intera storia dell’uomo; sono gesti sobri, intimi e solenni insieme, capaci di farsi esemplari in virtù di una matrice antica e profonda; vi si individua quel sostrato emotivo e culturale che, come un minimo comune denominatore, avvicina gli uomini. Così nelle sue opere, l’attenzione nei confronti del presente genera slittamenti di piano verso significati ulteriori: con il loro nucleo denso, non immediatamente parafrasabile, ma carico di rimandi e di risonanze, ognuna di esse si offre a innumerevoli possibilità di lettura.”

 

The Encounter. Il sagrato di una chiesa antica; al centro un uomo in piedi scambia una stretta di mano con centinaia di persone che, abbigliate come in un giorno qualsiasi, verso di lui convergono non si sa da dove, né perchè e poi proseguono, lasciandoselo alle spalle. Il gesto è semplice, concreto, consueto, ma significativo: la stretta di mano è saluto, scambio, suggello, fratellanza. Nell’ambito dell’opera ne accentuano il valore rituale sia il fatto che il tutto si svolga in un luogo deputato all’incontro, sia la ripetizione, che lo trasforma in una sorta di cerimonia. Del resto, dice Paci, “Sono attratto dai rituali del passato, che hanno un legame più autentico con i ritmi della vita.” Sottolineando la pregnanza di questo gesto, ancora una volta l’artista fa emergere un elemento antico, comune a diverse culture, senza però disgiungerlo dal contesto attuale.

The Neon Angel (Luca Trazzi, Poesie di Neon)
07 Apr

The Neon Angel (Luca Trazzi, Poesie di Neon)

Intesa Sanpaolo, partner istituzionale della 56esima edizione del Salone Internazionale del Mobile di Milano, in collaborazione con Kundalini, ha inaugurato ieri sera alle Gallerie d’Italia, in occasione di un elegante cocktail esclusivo, “Poesie di Neon”. L’opera consiste in una suggestiva installazione artistica, composta dalle luminose e colorate creazioni del celebre designer Luca Trazzi, capace di attirare in pochi giorni dalla sua apertura, avvenuta lo scorso 4 aprile, l’attenzione di centinaia di appassionati di arte e design e di curiosi che hanno preso parte alle diverse iniziative del fuorisalone.

La creazione artistica di Luca Trazzi si inserisce nel giardino di Alessandro Manzoni, dal quale lo stesso designer ha tratto ispirazione. Il titolo stesso dell’installazione, “Poesie di Neon” è la trascrizione tridimensionale della calligrafia del celebre scrittore, con l’introduzione di un elemento di modernità quale il neon. Le creazioni luminose, realizzate artigianalmente con tubi di vetro soffiato a mano, illuminano il giardino manzoniano come fossero delle colorate forme vegetali, in omaggio alla passione per la botanica del Manzoni.

L’opera sarà fruibile dal grande pubblico fino a domenica 9 aprile, per tutta la durata del Salone del Mobile, all’interno delle Gallerie d’Italia nel chiostro di Palazzo Anguissola e nel Giardino di Alessandro, confinante con la casa del Manzoni, dalle 19.30 fino alle 23.30 in apertura straordinaria e gratuita, con ingresso da via Manzoni 10.

I lieti calici che la bellezza infiora (Luca Trazzi, Poesie di Neon)
07 Apr

I lieti calici che la bellezza infiora (Luca Trazzi, Poesie di Neon)

Intesa Sanpaolo, partner istituzionale della 56esima edizione del Salone Internazionale del Mobile di Milano, in collaborazione con Kundalini, ha inaugurato ieri sera alle Gallerie d’Italia, in occasione di un elegante cocktail esclusivo, “Poesie di Neon”. L’opera consiste in una suggestiva installazione artistica, composta dalle luminose e colorate creazioni del celebre designer Luca Trazzi, capace di attirare in pochi giorni dalla sua apertura, avvenuta lo scorso 4 aprile, l’attenzione di centinaia di appassionati di arte e design e di curiosi che hanno preso parte alle diverse iniziative del fuorisalone.

La creazione artistica di Luca Trazzi si inserisce nel giardino di Alessandro Manzoni, dal quale lo stesso designer ha tratto ispirazione. Il titolo stesso dell’installazione, “Poesie di Neon” è la trascrizione tridimensionale della calligrafia del celebre scrittore, con l’introduzione di un elemento di modernità quale il neon. Le creazioni luminose, realizzate artigianalmente con tubi di vetro soffiato a mano, illuminano il giardino manzoniano come fossero delle colorate forme vegetali, in omaggio alla passione per la botanica del Manzoni.

L’opera sarà fruibile dal grande pubblico fino a domenica 9 aprile, per tutta la durata del Salone del Mobile, all’interno delle Gallerie d’Italia nel chiostro di Palazzo Anguissola e nel Giardino di Alessandro, confinante con la casa del Manzoni, dalle 19.30 fino alle 23.30 in apertura straordinaria e gratuita, con ingresso da via Manzoni 10.

"I gave to pink the nerve of red. A neon pink, an unreal pink” (Luca Trazzi, Poesie di Neon)
07 Apr

"I gave to pink the nerve of red. A neon pink, an unreal pink” (Luca Trazzi, Poesie di Neon)

Intesa Sanpaolo, partner istituzionale della 56esima edizione del Salone Internazionale del Mobile di Milano, in collaborazione con Kundalini, ha inaugurato ieri sera alle Gallerie d’Italia, in occasione di un elegante cocktail esclusivo, “Poesie di Neon”. L’opera consiste in una suggestiva installazione artistica, composta dalle luminose e colorate creazioni del celebre designer Luca Trazzi, capace di attirare in pochi giorni dalla sua apertura, avvenuta lo scorso 4 aprile, l’attenzione di centinaia di appassionati di arte e design e di curiosi che hanno preso parte alle diverse iniziative del fuorisalone.

La creazione artistica di Luca Trazzi si inserisce nel giardino di Alessandro Manzoni, dal quale lo stesso designer ha tratto ispirazione. Il titolo stesso dell’installazione, “Poesie di Neon” è la trascrizione tridimensionale della calligrafia del celebre scrittore, con l’introduzione di un elemento di modernità quale il neon. Le creazioni luminose, realizzate artigianalmente con tubi di vetro soffiato a mano, illuminano il giardino manzoniano come fossero delle colorate forme vegetali, in omaggio alla passione per la botanica del Manzoni.

L’opera sarà fruibile dal grande pubblico fino a domenica 9 aprile, per tutta la durata del Salone del Mobile, all’interno delle Gallerie d’Italia nel chiostro di Palazzo Anguissola e nel Giardino di Alessandro, confinante con la casa del Manzoni, dalle 19.30 fino alle 23.30 in apertura straordinaria e gratuita, con ingresso da via Manzoni 10.