#SelfieadArte

“There is a crack in everything. That’s how the light gets in.” – Leonard Cohen (Juan Muñoz, Double Bind)
16 Lug

“There is a crack in everything. That’s how the light gets in.” – Leonard Cohen (Juan Muñoz, Double Bind)

Hangar Bicocca propone “Double Bind & Around“, la prima personale in Italia dedicata a Juan Muñoz. L’esposizione prende il nome da “Double Bind”, l’opera più importante dello scultore spagnolo, realizzata nel 2001 per la Turbine Hall della Tate Modern Gallery di Londra e mai più esposta in seguito. Conosciuto soprattutto per le sue sculture in papier maché, resina e bronzo, Juan Muñoz si è spesso interessato anche alla scrittura e alle arti sonore, creando composizioni, audio pieces e programmi radiofonici. Grande nel reinterpretare la tradizione della scultura classica alla luce delle avanguardie del Novecento, Muñoz è stato definito da The Guardian “il più significativo tra gli artisti della prima generazione della Spagna post-franchista”. Lo scultore realizza opere in cui l’osservatore si sente facilmente coinvolto fino a sentirsi parte dell’opera stessa.

 

Juan Muñoz - Double Bind, 2001

“Sculpture is the art of the hole and the lump.” – Auguste Rodin (Juan Muñoz, Double Bind)
16 Lug

“Sculpture is the art of the hole and the lump.” – Auguste Rodin (Juan Muñoz, Double Bind)

Hangar Bicocca propone “Double Bind & Around“, la prima personale in Italia dedicata a Juan Muñoz. L’esposizione prende il nome da “Double Bind”, l’opera più importante dello scultore spagnolo, realizzata nel 2001 per la Turbine Hall della Tate Modern Gallery di Londra e mai più esposta in seguito. Conosciuto soprattutto per le sue sculture in papier maché, resina e bronzo, Juan Muñoz si è spesso interessato anche alla scrittura e alle arti sonore, creando composizioni, audio pieces e programmi radiofonici. Grande nel reinterpretare la tradizione della scultura classica alla luce delle avanguardie del Novecento, Muñoz è stato definito da The Guardian “il più significativo tra gli artisti della prima generazione della Spagna post-franchista”. Lo scultore realizza opere in cui l’osservatore si sente facilmente coinvolto fino a sentirsi parte dell’opera stessa.

 

Juan Muñoz - Double Bind, 2001

“I move, therefore I am” – Haruki Murakami (Juan Muñoz, Conversation Piece)
16 Lug

“I move, therefore I am” – Haruki Murakami (Juan Muñoz, Conversation Piece)

Hangar Bicocca propone “Double Bind & Around“, la prima personale in Italia dedicata a Juan Muñoz. L’esposizione prende il nome da “Double Bind”, l’opera più importante dello scultore spagnolo, realizzata nel 2001 per la Turbine Hall della Tate Modern Gallery di Londra e mai più esposta in seguito. Conosciuto soprattutto per le sue sculture in papier maché, resina e bronzo, Juan Muñoz si è spesso interessato anche alla scrittura e alle arti sonore, creando composizioni, audio pieces e programmi radiofonici. Grande nel reinterpretare la tradizione della scultura classica alla luce delle avanguardie del Novecento, Muñoz è stato definito da The Guardian “il più significativo tra gli artisti della prima generazione della Spagna post-franchista”. Lo scultore realizza opere in cui l’osservatore si sente facilmente coinvolto fino a sentirsi parte dell’opera stessa.

 

Juan Muñoz - Conversation Piece, 1994

Pirelli?? (Damián Ortega, Cosmic Thing)
07 Lug

Pirelli?? (Damián Ortega, Cosmic Thing)

Ancora una volta, Hangar Bicocca ospita una mostra in cui un artista interagisce con gli spazi espositivi. Nel caso di “Casino”, prima personale italiana di Damian Ortega, le opere non sono site-specific, ma sono lavori preesistenti che l’artista ha però scelto di collocare nello spazio a suo piacimento. E il rapporto tra le forme e lo spazio è al centro della poetica di Ortega, che – tramite medium e linguaggi diversi – esplode e decostruisce oggetti di uso comune, o li coinvolge in interazioni con gli osservatori, sovvertendone in ogni caso il significato.

Cuore della mostra è “The Beetle Trilogy“, dedicata al maggiolino Wolkswagen, una della grandi icone del ventesimo secolo. Comprende un’installazione (un maggiolino “esploso”), una performance (un’altra auto che veniva originariamente tirata e mossa dagli spettatori) e un film che narra la “storia della vita” di un veicolo dalla sua nascita in una fabbrica di Puebla, in Messico, alla sua sepoltura nel giardino di casa dei genitori.

 

Damián Ortega, Cosmic Thing (2002)

Carrie!! (Damián Ortega, Controller of the Universe)
07 Lug

Carrie!! (Damián Ortega, Controller of the Universe)

Ancora una volta, Hangar Bicocca ospita una mostra in cui un artista interagisce con gli spazi espositivi. Nel caso di “Casino”, prima personale italiana di Damian Ortega, le opere non sono site-specific, ma sono lavori preesistenti che l’artista ha però scelto di collocare nello spazio a suo piacimento. E il rapporto tra le forme e lo spazio è al centro della poetica di Ortega, che – tramite medium e linguaggi diversi – esplode e decostruisce oggetti di uso comune, o li coinvolge in interazioni con gli osservatori, sovvertendone in ogni caso il significato.

Cuore della mostra è “The Beetle Trilogy“, dedicata al maggiolino Wolkswagen, una della grandi icone del ventesimo secolo. Comprende un’installazione (un maggiolino “esploso”), una performance (un’altra auto che veniva originariamente tirata e mossa dagli spettatori) e un film che narra la “storia della vita” di un veicolo dalla sua nascita in una fabbrica di Puebla, in Messico, alla sua sepoltura nel giardino di casa dei genitori.

 

Damián Ortega, Controller of the Universe (2007)

Pianoforte a cado (Kay Hassan, Empire Medley)
29 Giu

Pianoforte a cado (Kay Hassan, Empire Medley)

La presenza di Kay Hassan, artista sudafricano di Johannesburg originario della township di Soweto, è perfettamente in linea con l’impronta data alla Biennale di Venezia 2015 dal direttore artistico Okwui Enwezor, fortemente politicizzata e attenta alle diseguaglianze sociali ed economiche. Il lavoro di Hassan – noto soprattutto per i suoi grandi manifesti strappati, riconfigurati e ricostruiti, ma artista realmente multimediale che utilizza anche media quali collage, scultura, video, installazioni e fotografia – è caratterizzato dal costante interesse a temi quali la migrazione, la sovrapproduzione e l’esproprio, le disparità economiche, lo spreco, il degrado urbano.

Dice l’artista: “Le nostre vite sono sempre state strappate, reincollate a forza, e ristrappate. La gente è sempre stata vessata. Lo potete vedere nelle strade, negli occhi supplicanti dei bambini, nel modo in cui vi guardano. Immaginate di essere un genitore, e di avere figli che hanno bisogno di mangiare, ma voi non avete soldi. Cosa potete fare? Dovete per forza commettere un crimine. E questo non solo in Sudafrica, ma in tutto il mondo”.

 

Kay Hassan, Empire Medley, 2015

... selfie con i vip? (Giorgio Faletti, Gone with the wind)
20 Giu

... selfie con i vip? (Giorgio Faletti, Gone with the wind)

Gli Eclettici – Fame di Vita” espone opere che gli artisti – noti ai più per le loro professioni, come quelle di attori, manager, scrittori – hanno donato a Mediafriends. E sta proprio nella seconda parte del titolo la chiave di lettura per poter più facilmente capire come mai la mostra ospiti opere di questi personaggi: gli “eclettici” sono persone estremamente creative la cui versatilità comporta inevitabilmente una ricerca costante della conoscenza e della espressione di sé nella maniera più completa e poliedrica possibile. E molte volte la loro professione è assolutamente insufficiente ad esprimere compiutamente questa istanza. È una necessità irrefrenabile: è il “fuoco sacro” dell’artista.

 

Giorgio Faletti, Gone with the wind (2010)

... selfie con i vip? (Giores, BW 043)
20 Giu

... selfie con i vip? (Giores, BW 043)

Gli Eclettici – Fame di Vita” espone opere che gli artisti – noti ai più per le loro professioni, come quelle di attori, manager, scrittori – hanno donato a Mediafriends. E sta proprio nella seconda parte del titolo la chiave di lettura per poter più facilmente capire come mai la mostra ospiti opere di questi personaggi: gli “eclettici” sono persone estremamente creative la cui versatilità comporta inevitabilmente una ricerca costante della conoscenza e della espressione di sé nella maniera più completa e poliedrica possibile. E molte volte la loro professione è assolutamente insufficiente ad esprimere compiutamente questa istanza. È una necessità irrefrenabile: è il “fuoco sacro” dell’artista.

 

Giores, BW 043 (2013)

... selfie con i vip? (Dario Ballantini, Il cubo)
20 Giu

... selfie con i vip? (Dario Ballantini, Il cubo)

Gli Eclettici – Fame di Vita” espone opere che gli artisti – noti ai più per le loro professioni, come quelle di attori, manager, scrittori – hanno donato a Mediafriends. E sta proprio nella seconda parte del titolo la chiave di lettura per poter più facilmente capire come mai la mostra ospiti opere di questi personaggi: gli “eclettici” sono persone estremamente creative la cui versatilità comporta inevitabilmente una ricerca costante della conoscenza e della espressione di sé nella maniera più completa e poliedrica possibile. E molte volte la loro professione è assolutamente insufficiente ad esprimere compiutamente questa istanza. È una necessità irrefrenabile: è il “fuoco sacro” dell’artista.

 

Dario Ballantini, Il cubo (2009)

Oui, je sais que je suis naïve (Henri Rousseau, cartonato per selfie di Nozze in Campagna)
12 Giu

Oui, je sais que je suis naïve (Henri Rousseau, cartonato per selfie di Nozze in Campagna)

All’esterno della mostra di Rousseau “Il Candore Arcaico” i curatori di Palazzo Ducale hanno ben pensato di integrare lo spirito naif che alberga in ognuno di noi con la naivitè dell’artista stesso, in sinergia con il contenuto dell’esposizione e abbracciando idealmente il mondo digitale: un cartonato è infatti presente nella Selfie Room, ed è innegabile che il nome evocativo della sala e i buchi da riempire del cartonato siano irresistibili.

Il termine “naif” accompagnò per lungo tempo, con un’accezione negativa, l’artista, a cui la critica non perdonava la limitatezza delle capacità tecniche, che lo portavano a trascurare le regole prospettiche o a dipingere, ad esempio, una vegetazione non esistente nella realtà. La rivalutazione di Rousseau fu tardiva: arrivò soprattutto grazie al movimento simbolista, che rimase affascinato dalla straordinaria fantasia del pittore.

 

Henri Rousseau, Nozze in Campagna