#SelfieadArte

Paestum? (Sheela Gowda - Stopover, 2012)
19 Apr

Paestum? (Sheela Gowda - Stopover, 2012)

Pirelli HangarBicocca presenta “Remains”, la prima grande mostra personale di Sheela Gowda in Italia, curata da Nuria Enguita, Direttrice di Bombas Gens Centre d’Art, Valencia, e Lucia Aspesi, Assistente curatore di Pirelli HangarBicocca. Il progetto espositivo rappresenta un’opportunità unica per scoprire nei monumentali spazi delle Navate vent’anni di lavoro di quest’artista di origine indiana che ha saputo fondere tecniche, forme, cromie e materiali sconfinando in un’espressività sia astratta che figurativa in linea con gli esiti e le ricerche internazionali.

Un’ampia selezione di opere realizzate dal 1996 a oggi, tra cui installazioni e sculture site- specific oltre a stampe e acquerelli, è esposta accanto a due nuove produzioni realizzate appositamente per la mostra: Tree Line (2019) e In Pursuit of (2019) .

“Remains” sottolinea la poetica e il significato politico dell’opera di Gowda, la cui pratica scaturisce da uno sguardo ricettivo e approfondito sul mondo, e dalla consapevolezza del valore simbolico e comunicativo dei materiali, degli oggetti e degli scarti. La selezione delle opere in mostra rivela inoltre il costante lavoro dell’artista nella definizione della forma intesa come modalità di trasformazione dei significati. Come ha spiegato la stessa artista: «Un’opera è il risultato di una decisione, di una scelta. Se è vero che il mio lavoro nasce da contesti specifici, tuttavia la natura ultima di un’opera è modellata sulla base dell’astrazione; un’astrazione che non si limita a una scelta stilistica, ma il cui intento è comunicare significati e favorire molteplici letture».

Le opere di Sheela Gowda fanno parte delle collezioni delle più importanti istituzioni internazionali, fra cui Tate Modern, Londra; MoMA – The Museum of Modern Art, Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Walker Art Center, Minneapolis; Van Abbemuseum, Eindhoven e Kiran Nadar Museum, Nuova Delhi.

Bidonvillana (Sheela Gowda - Darkroom, 2006)
19 Apr

Bidonvillana (Sheela Gowda - Darkroom, 2006)

Pirelli HangarBicocca presenta “Remains”, la prima grande mostra personale di Sheela Gowda in Italia, curata da Nuria Enguita, Direttrice di Bombas Gens Centre d’Art, Valencia, e Lucia Aspesi, Assistente curatore di Pirelli HangarBicocca. Il progetto espositivo rappresenta un’opportunità unica per scoprire nei monumentali spazi delle Navate vent’anni di lavoro di quest’artista di origine indiana che ha saputo fondere tecniche, forme, cromie e materiali sconfinando in un’espressività sia astratta che figurativa in linea con gli esiti e le ricerche internazionali.

Un’ampia selezione di opere realizzate dal 1996 a oggi, tra cui installazioni e sculture site- specific oltre a stampe e acquerelli, è esposta accanto a due nuove produzioni realizzate appositamente per la mostra: Tree Line (2019) e In Pursuit of (2019) .

“Remains” sottolinea la poetica e il significato politico dell’opera di Gowda, la cui pratica scaturisce da uno sguardo ricettivo e approfondito sul mondo, e dalla consapevolezza del valore simbolico e comunicativo dei materiali, degli oggetti e degli scarti. La selezione delle opere in mostra rivela inoltre il costante lavoro dell’artista nella definizione della forma intesa come modalità di trasformazione dei significati. Come ha spiegato la stessa artista: «Un’opera è il risultato di una decisione, di una scelta. Se è vero che il mio lavoro nasce da contesti specifici, tuttavia la natura ultima di un’opera è modellata sulla base dell’astrazione; un’astrazione che non si limita a una scelta stilistica, ma il cui intento è comunicare significati e favorire molteplici letture».

Le opere di Sheela Gowda fanno parte delle collezioni delle più importanti istituzioni internazionali, fra cui Tate Modern, Londra; MoMA – The Museum of Modern Art, Solomon R. Guggenheim Museum, New York; Walker Art Center, Minneapolis; Van Abbemuseum, Eindhoven e Kiran Nadar Museum, Nuova Delhi.

Zen-zero (Julia Lohmann - Oki Naganode, 2013)
05 Apr

Zen-zero (Julia Lohmann - Oki Naganode, 2013)

La XXII edizione della Triennale di Milano dal titolo Broken Nature: Design Takes on Human Survival curata da Paola Antonelli è un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale, legami che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi. Analizzando vari progetti di architettura e design, esplora il concetto di design ricostituente e mette in luce oggetti e strategie che reinterpretano il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono, includendo sia gli ecosistemi sociali che quelli naturali. Fino al primo settembre 2019.

“Oki Naganode” 2013, Julia Lohmann
Interessata a comprendere il sistemia di valori e le costruzioni sociali che sottendono il rapporto tra esseri umani, flora e fauna, la designer Julia Lohmann ha individuato nelle alghe il proprio materiale d’elezione. Questa installazione è realizzata con alghe giapponesi naga trattate per rimanere flessibili come pelle traslucida, e interamente fabbricata seguendo la curvatura naturale dei pezzi d’alga. Le forme astratte rendono omaggio alla duttilità di questi organismi marini e celebrano il loro potenziale come materiale di progetto e produzione del futuro.

Jungle Bells (Mingarpar (Padiglione Repubblica di Myanmar)
04 Apr

Jungle Bells (Mingarpar (Padiglione Repubblica di Myanmar)

La XXII edizione della Triennale di Milano dal titolo Broken Nature: Design Takes on Human Survival curata da Paola Antonelli è un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale, legami che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi. Analizzando vari progetti di architettura e design, esplora il concetto di design ricostituente e mette in luce oggetti e strategie che reinterpretano il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono, includendo sia gli ecosistemi sociali che quelli naturali. Fino al primo settembre 2019.

“Mingarpar” (Padiglione Repubblica di Myanmar)
Il padiglione di Myanmar è un’atmosfera e uno spazio di riflessione che accoglie il visitatore con l’albero di bambù e il suono delle campanelle che spingono la mente oltre lo spazio fisico. “Mingalarpar” è il loro saluto nazionale con il quale il padiglione da il benvenuto e l’auspicio positivo di una visita che susciti riflessione. Tra un po’ di tempo il bambù avrà cambiato colore e le campanelle saranno suonate diversamente: nulla è permanente, neanche la natura di cui facciamo parte e che quindi bisogna trattare con cura, perché danneggiandola danneggiamo noi stessi.

Snorkleling (Teatro Della Terra Alienata - Padiglione Australiano)
04 Apr

Snorkleling (Teatro Della Terra Alienata - Padiglione Australiano)

La XXII edizione della Triennale di Milano dal titolo Broken Nature: Design Takes on Human Survival curata da Paola Antonelli è un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale, legami che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi. Analizzando vari progetti di architettura e design, esplora il concetto di design ricostituente e mette in luce oggetti e strategie che reinterpretano il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono, includendo sia gli ecosistemi sociali che quelli naturali. Fino al primo settembre 2019.

“Teatro Della Terra Alienata” (Padiglione Australiano)
“Teatro Della Terra Alienata” ritrae la Grande Barriera Corallina come un territorio in terapia intensiva: il reef è presentato come un ecosistema controllato da un arsenale di dispositivi tecnologici responsabili di monitorarne il destino e di mantenere stabili le sue condizioni per alimentare la speranza del pubblico. Il padiglione è un’installazione e un progetto curatoriale che affronta la questione urgente sollevata dal report del Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite, pubblicato nel 2018. Il preoccupante documento ritrae la morte della Grande Barriera Corallina come parte di una terribile questione che richiede un’azione politica radicale, a scala nazionale e globale, e l’ideazione di nuovi immaginari ed estetiche per il mondo naturale.

PentaClè (Stefano Mancuso - La Nazione delle Piante)
04 Apr

PentaClè (Stefano Mancuso - La Nazione delle Piante)

La XXII edizione della Triennale di Milano dal titolo Broken Nature: Design Takes on Human Survival curata da Paola Antonelli è un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale, legami che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi. Analizzando vari progetti di architettura e design, esplora il concetto di design ricostituente e mette in luce oggetti e strategie che reinterpretano il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono, includendo sia gli ecosistemi sociali che quelli naturali. Fino al primo settembre 2019.

“La Nazione delle Piante”
E’ la mostra all’interno della XXII edizione della Triennale che racconta come funzionano le piante: come sono fatte; perché sono diverse dagli animali, a che tipo di organizzazione rispondono e come questa è diffusa e distribuita. In questa sala “Suoni dal Pianeta” il sound design dell’ambiente utilizza frequenze prossime ai 200 Hz, una vibrazione che le radici delle piante sono in grado di percepire. La possibile spiegazione della loro sensibilità è che questa frequenza è simile a quella dell’acqua che scorre.

Uovo mondo (Anna Citelli e Raoul Bretzel - Capsula Mundi)
03 Apr

Uovo mondo (Anna Citelli e Raoul Bretzel - Capsula Mundi)

La XXII edizione della Triennale di Milano dal titolo Broken Nature: Design Takes on Human Survival curata da Paola Antonelli è un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale, legami che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi. Analizzando vari progetti di architettura e design, esplora il concetto di design ricostituente e mette in luce oggetti e strategie che reinterpretano il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono, includendo sia gli ecosistemi sociali che quelli naturali. Fino al primo settembre 2019.

“Capsula Mundi”, Anna Citelli e Raoul Bretzel
Nelle culture in cui i defunti vengono sepolti sottoterra all’interno di bare, l’impronta del carbonio di un individuo non termina con la sua morte. Tutti i corpi si decompongono, ma le bare rallentano il processo, inquinando la terra e le falde acquifere del pianeta.
Quest’opera esplora il tema della morte attraverso un contenitore a forma di uovo, fatto con materiale biodegradabile, in cui sono collogate le ceneri o il corpo della persona deceduta. La capsula viene inserita nel terreno come fosse un seme su cui viene piantato un albero che diventa un luogo di lutto e di ricordo. Creando un ciclo che trsferisce la vita dell’uomo alle piante, questo approccio annullla il confine tra gli esseri umani e il loro ambiente.

The beauty in the beast (Patricia Piccinini - Sanctuary)
02 Apr

The beauty in the beast (Patricia Piccinini - Sanctuary)

La XXII edizione della Triennale di Milano dal titolo Broken Nature: Design Takes on Human Survival curata da Paola Antonelli è un’indagine approfondita sui legami che uniscono gli uomini all’ambiente naturale, legami che nel corso degli anni sono stati profondamente compromessi. Analizzando vari progetti di architettura e design, esplora il concetto di design ricostituente e mette in luce oggetti e strategie che reinterpretano il rapporto tra gli esseri umani e il contesto in cui vivono, includendo sia gli ecosistemi sociali che quelli naturali. Fino al primo settembre 2019.

“Sanctuary”, Patricia Piccinini
I Bonobo – i parenti più stretti degli esseri umeni – tendono a risolvere i conflitti attraverso rapporti sessuali, piuttosto che con la violenza. In generale la sessualità è predominante nel loro comportamento sociale e viene usata anche come forma di saluto, mezzo per formare legami sociali, e strumento di riconciliazione. Sono l’unico altro animale che indulge in baci con la lingua e amplessi ventre contro ventre. L’artista riflette sulla natura delle interazioni tra i primati antenati degli esseri umani. In questo lavoro che mostra due creature ibride umane-animali che si abbracciano, rende omaggio ai temi dell’intimità, dell’amore, dell’invecchiamento, della sessualità e dell’empatia
Ho messo il primo straccio che ho trovato (Ibrahm Mahama - A Friend)
01 Apr

Ho messo il primo straccio che ho trovato (Ibrahm Mahama - A Friend)

L’installazione A Friend di Ibrahim Mahama è stata commissionata dalla Fondazione Nicola Trussardi e prodotta in collaborazione con miart, fiera d’arte moderna e contemporanea di Milano, nell’ambito dell’Art Week milanese 2019, un programma di eventi, inaugurazioni e aperture straordinarie nei musei e nelle istituzioni pubbliche e private, che raccoglie i principali operatori milanesi con la regia del Comune di Milano.
L’installazione su scala urbanistica coinvolge interamente un luogo simbolo della città: il crocevia di Porta Venezia, una delle sei porte principali della cinta urbana.
A Friend vuole innescare una riflessione sul concetto stesso di soglia, quel luogo di passaggio che definisce l’interno e l’esterno, il sé e l’altro, l’amico e il nemico.
L’artista avvolge i caselli neoclassici di Porta Venezia con sacchi di juta, creando una seconda pelle che conferisce ai due edifici una nuova identità, portandoci a riguardarli non più come semplici monumenti, ma alla luce della loro origine storica e della loro funzione simbolica ed economica come luogo di scambio commerciale. Rivolgendosi a tutte le persone che quotidianamente abitano e frequentano la città, Mahama mette in scena uno spettacolo temporaneo capace di confrontarsi con il passato e il presente di Milano.
Oggi le “dimostrazioni civili” – come le descrive l’artista stesso – raccontano un mondo assai più complesso di tensioni globali. Attraverso la ricerca e la trasformazione dei materiali, Ibrahim Mahama indaga alcuni dei temi più importanti della contemporaneità: la migrazione, la globalizzazione e la circolazione delle merci e delle persone attraverso i confini e le nazioni. Per assemblare i sacchi, spesso Mahama collabora con decine di migranti provenienti da zone urbane e rurali in cerca di lavoro, senza documenti né diritti, vittime di un’esistenza nomade e incerta che ricorda le condizioni subite dagli oggetti utilizzati nelle proprie opere.
L’installazione sarà visibile fino a domenica 14 aprile 2019.

A juta temi (Ibrahm Mahama - A Friend)
01 Apr

A juta temi (Ibrahm Mahama - A Friend)

L’installazione A Friend di Ibrahim Mahama è stata commissionata dalla Fondazione Nicola Trussardi e prodotta in collaborazione con miart, fiera d’arte moderna e contemporanea di Milano, nell’ambito dell’Art Week milanese 2019, un programma di eventi, inaugurazioni e aperture straordinarie nei musei e nelle istituzioni pubbliche e private, che raccoglie i principali operatori milanesi con la regia del Comune di Milano.
L’installazione su scala urbanistica coinvolge interamente un luogo simbolo della città: il crocevia di Porta Venezia, una delle sei porte principali della cinta urbana.
A Friend vuole innescare una riflessione sul concetto stesso di soglia, quel luogo di passaggio che definisce l’interno e l’esterno, il sé e l’altro, l’amico e il nemico.
L’artista avvolge i caselli neoclassici di Porta Venezia con sacchi di juta, creando una seconda pelle che conferisce ai due edifici una nuova identità, portandoci a riguardarli non più come semplici monumenti, ma alla luce della loro origine storica e della loro funzione simbolica ed economica come luogo di scambio commerciale. Rivolgendosi a tutte le persone che quotidianamente abitano e frequentano la città, Mahama mette in scena uno spettacolo temporaneo capace di confrontarsi con il passato e il presente di Milano.
Oggi le “dimostrazioni civili” – come le descrive l’artista stesso – raccontano un mondo assai più complesso di tensioni globali. Attraverso la ricerca e la trasformazione dei materiali, Ibrahim Mahama indaga alcuni dei temi più importanti della contemporaneità: la migrazione, la globalizzazione e la circolazione delle merci e delle persone attraverso i confini e le nazioni. Per assemblare i sacchi, spesso Mahama collabora con decine di migranti provenienti da zone urbane e rurali in cerca di lavoro, senza documenti né diritti, vittime di un’esistenza nomade e incerta che ricorda le condizioni subite dagli oggetti utilizzati nelle proprie opere.
L’installazione sarà visibile fino a domenica 14 aprile 2019.