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La mostra “Ambienti/Environments” raccoglie per la prima volta, nello spazio delle Navate dell’Hangar Bicocca a Milano, 9 Ambienti spaziali e 2 interventi ambientali, realizzati da Lucio Fontana tra il 1949 e il 1968 per gallerie e musei italiani e internazionali. La mostra propone un corpus di opere, che mettono in rilievo la forza innovativa e precorritrice di un grande maestro del Novecento.

Uno tra gli artisti italiani più influenti del XX secolo e fondatore dello Spazialismo, gruppo artistico nato in Italia alla fine degli anni ’40. Nel corso della sua carriera ha investigato i concetti di spazio e luce, il vuoto e il cosmo e con il suo lavoro ha radicalmente trasformato la concezione tradizionale di pittura, scultura e spazio, superando la bidimensionalità della tela.
Gli Ambienti spaziali, stanze e corridoi concepiti e progettati dall’artista a partire dalla fine degli anni ’40 e quasi sempre distrutti al termine dell’esposizione, sono le opere più sperimentali e meno note di Fontana, proprio per la loro natura effimera. Alcuni degli ambienti esposti sono stati ricostruiti per la prima volta dalla scomparsa dell’artista grazie allo studio e alle ricerche della storica dell’arte Marina Pugliese e della restauratrice Barbara Ferriani e al contributo della Fondazione Lucio Fontana.

Il visitatore ha l’opportunità di osservare e fruire per la prima volta le opere meno conosciute di Fontana, di riscoprirne l’importanza storica e allo stesso tempo di coglierne la contemporaneità e la forza innovativa attraverso un allestimento inedito.

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La mostra “Ambienti/Environments” raccoglie per la prima volta, nello spazio delle Navate dell’Hangar Bicocca a Milano, 9 Ambienti spaziali e 2 interventi ambientali, realizzati da Lucio Fontana tra il 1949 e il 1968 per gallerie e musei italiani e internazionali. La mostra propone un corpus di opere, che mettono in rilievo la forza innovativa e precorritrice di un grande maestro del Novecento.

Uno tra gli artisti italiani più influenti del XX secolo e fondatore dello Spazialismo, gruppo artistico nato in Italia alla fine degli anni ’40. Nel corso della sua carriera ha investigato i concetti di spazio e luce, il vuoto e il cosmo e con il suo lavoro ha radicalmente trasformato la concezione tradizionale di pittura, scultura e spazio, superando la bidimensionalità della tela.
Gli Ambienti spaziali, stanze e corridoi concepiti e progettati dall’artista a partire dalla fine degli anni ’40 e quasi sempre distrutti al termine dell’esposizione, sono le opere più sperimentali e meno note di Fontana, proprio per la loro natura effimera. Alcuni degli ambienti esposti sono stati ricostruiti per la prima volta dalla scomparsa dell’artista grazie allo studio e alle ricerche della storica dell’arte Marina Pugliese e della restauratrice Barbara Ferriani e al contributo della Fondazione Lucio Fontana.

Il visitatore ha l’opportunità di osservare e fruire per la prima volta le opere meno conosciute di Fontana, di riscoprirne l’importanza storica e allo stesso tempo di coglierne la contemporaneità e la forza innovativa attraverso un allestimento inedito.

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La mostra “Ambienti/Environments” raccoglie per la prima volta, nello spazio delle Navate dell’Hangar Bicocca a Milano, 9 Ambienti spaziali e 2 interventi ambientali, realizzati da Lucio Fontana tra il 1949 e il 1968 per gallerie e musei italiani e internazionali. La mostra propone un corpus di opere, che mettono in rilievo la forza innovativa e precorritrice di un grande maestro del Novecento.

Uno tra gli artisti italiani più influenti del XX secolo e fondatore dello Spazialismo, gruppo artistico nato in Italia alla fine degli anni ’40. Nel corso della sua carriera ha investigato i concetti di spazio e luce, il vuoto e il cosmo e con il suo lavoro ha radicalmente trasformato la concezione tradizionale di pittura, scultura e spazio, superando la bidimensionalità della tela.
Gli Ambienti spaziali, stanze e corridoi concepiti e progettati dall’artista a partire dalla fine degli anni ’40 e quasi sempre distrutti al termine dell’esposizione, sono le opere più sperimentali e meno note di Fontana, proprio per la loro natura effimera. Alcuni degli ambienti esposti sono stati ricostruiti per la prima volta dalla scomparsa dell’artista grazie allo studio e alle ricerche della storica dell’arte Marina Pugliese e della restauratrice Barbara Ferriani e al contributo della Fondazione Lucio Fontana.

Il visitatore ha l’opportunità di osservare e fruire per la prima volta le opere meno conosciute di Fontana, di riscoprirne l’importanza storica e allo stesso tempo di coglierne la contemporaneità e la forza innovativa attraverso un allestimento inedito.

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Alla Villa Reale di Monza fino al 10 gennaio 2016 c’è “Bellissima – L’Italia dell’Alta moda 1945-1968“. Il titolo richiede un’attenzione particolare: non si tratta, infatti, di una mostra sull’alta moda italiana, ma sull’Italia dell’alta moda. Il focus è posto sul nostro paese, nel momento più creativo e produttivo – dagli anni del boom fino a quelli delle grandi lotte sociali – e vuole sottolineare le sinergie e le collaborazioni che in quegli anni intercorrevano tra gli artisti italiani… compresi i grandi sarti.

Ecco quindi che vediamo opere di Lucio Fontana, Getulio Alviani o Paolo Scheggi accanto alle creazioni di grandi sarti italiani con cui questi artisti si ritrovarono – ancor più che a collaborare – in uno stato di complicità; Da Mila Schön a Germana Maruccelli, e poi ancora Valentino, Simonetta, Emilio Schuberth, Fendi, le Sorelle Fontana… e, importantissima, una selezione di gioielli di Bulgari.

La mostra è un ritratto della nostra cultura in un momento di creatività straordinaria, che, in quegli anni, portò l’Italia a primeggiare nell’industria, ma anche nel cinema, nell’arte, nel teatro, nel design, e nella fotografia. E con ognuna di queste storie di crescita, l’alta moda italiana interagiva e cresceva a sua volta. E accompagnava, con la propria inarrestabile ascesa, il miracolo italiano.

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Al Museo del Novecento, fino al 26 Marzo 2017, c'è “BOOM 60! Era arte moderna”, a cura di Mariella Milan e Desdemona Ventroni, con Maria Grazia Messina e Antonello Negri. Una mostra – promossa dall’Assessorato alla Cultura di Milano - dedicata all’arte in Italia, tra i primi anni Cinquanta e i primi Sessanta, e alla sua “presenza” mediatica nei più popolari canali di comunicazione: i rotocalchi, giornali e riviste di attualità illustrata.

È l'Italia del "boom", in cui i "rotocalchi" – Epoca, Le Ore, L'Europeo e tanti altri – raggiungono le loro massime tirature, diventando lo specchio fedele della mentalità e delle aspirazioni collettive. I temi dell'arte – dalle polemiche sull'astrattismo e sui nuovi materiali, al genere sempre amato del ritratto fino alla rappresentazione degli artisti di successo – vi si intrecciano con la presenza di celebrità del cinema, della tv, della canzone. D'altro canto si affacciano da protagonisti il mercato e il collezionismo, in linea con lo spirito del "miracolo", in nome del quale l'arte sembra destinata a entrare, come il frigorifero e la lavatrice, nelle case di tutti.

Nell'allestimento di Atelier Mendini circa centoquaranta opere di pittura, scultura e grafica dialogano con le pagine delle riviste e con filmati televisivi e cinematografici, che trasformano gli artisti in veri e propri divi: dall'immortale Picasso a Bernard Buffet, "il pittore in Rolls Royce", all'epoca protagonista delle cronache d'arte e del gossip. Una ricca sezione documentaria presenta le riviste e i loro modi di raccontare l'arte, dalle copertine alle inchieste, dalle rubriche di critica alla pubblicità, dal fotogiornalismo alla satira.

 

Lucio Fontana "Scultura Spaziale" : esposta nel 1954 alla Biennale, è unadelle prime composizioni spazialiste dopo il ritorno dell'artista dall'Argentina nel dopoguerra. Per Leonardo Borghese, noto fustigatore dell'arte moderna, è solo un buco, liquidato come "vecchiume" al pari di ogni avanguardismo.

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“Time is Out of Joint mette in campo una eterodossia, una disobbedienza, una sovversione così naturale che si potrebbe definire con Jabes “uno dei momenti privilegiati in cui si ristabilisce il nostro equilibrio precario e si configura un incipit. Un punto sorgente e una persistenza che mette fuori gioco qualsiasi certezza cronologica e mette in campo una temporalità plastica che si comporta come il bosone di Higgs, dipende dunque dal nostro sguardo. E con un vero e proprio montaggio, con la parzialità che ogni scelta e ogni selezione porta con sé, a precipitare il tempo storico cronologico, anacronizza passato, presente e futuro, ricostruisce e fa decantare un altro tempo, mentre mette in evidenza intervalli e durate, riprese e contrattempi. Un tempo pieno di faglie, fratture, vuoti, scarti e scatti, che suggerisce molte combinazioni come quelle che Time, senza esitazioni, espone in piena luce.Ci muoviamo nello spazio attraversando le sale e le opere, dove le immagini sono”fisse, in relazione simultanea tra loro, come se fossero prequel e sequel insieme: un cinema al contrario, dove la “fotografia”, la visione ha un ruolo chiave nel cristallizzare e trattenere tensioni così fertili anche nella loro composta presenza. Time dispiega un tempo cinematografico, un racconto, un flusso di memoria, un’anticipazione di quello che verrà e prova ad assomigliarci più di quanto faccia un libro di storia dell’arte.”

[Cristiana Collu, Direttore della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea]

 

Lucio Fontana, Concetto spaziale (1954)
Antonio Solà, Cerere (1839)

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