Quando iniziai a scattare i #selfieadarte non lo feci guidata dalla mia – pur esistente, sia ben chiaro – vanità. Per quello avrei potuto scegliere di cavalcare l’onda, che impone di scattare selfie comunque e sempre. Non era nemmeno per uno spirito trasgressivo, teso a sdrammatizzare qualcosa che – nonostante Duchamp e tutti i suoi epigoni – appare tuttora difficile da prendere non già meno sul serio, ma in maniera più leggera nel senso sano del termine; e nemmeno per commettere un altro tipo di trasgressione, ovvero disubbidire alla regola imposta da praticamente ogni museo secondo cui è vietatissimo scattare foto all’interno dello stesso (colgo anzi l’occasione per ricordare a tutti che NON È così! Il Decreto Legge 31 maggio 2014, n. 83 sulle disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo (convertito dalla Legge 29 luglio 2014, n. 106) prevede infatti che sia “possibile scattare liberamente foto nei musei per uso personale e comunque senza scopo di lucro”… oltre che senza il flash, che può rovinare le opere!).
Il mio obiettivo era in realtà… didattico. Ma non nel senso più ovvio che questa parola può suscitare: non intendo ergermi a insegnante di alcunché coi miei scatti, anche perché le mie pose generalmente buffe e le frasette di accompagnamento alle foto hanno poco di intellettualmente significativo da trasmettere.
La mia volontà era – ed è – quella di promuovere delle opere (che scelgo) dalle mostre (che scelgo) che vado a visitare e interagire con loro, seppur a un “livello basso”. Attenzione, però: questo presunto basso livello o interesse culturale, che in American English si chiama “lowbrow“, da termine dispregiativo che era è passato a definire un genere (quello del surrealismo pop) tra i più interessanti emersi a cavallo tra lo scorso millennio e l’attuale. Un po’ come capitò all’impressionismo…
Ma non divaghiamo, quello che intendo dire è che l’approccio umoristico, o comunque popolare, all’opera d’arte può permettere (prima di tutto a chi decide di autoritrarsi con l’opera stessa) di leggerne il messaggio da un punto di vista diverso, e più personale. Anche grazie al fatto di ritrovarsi in qualche modo – anche se solo tramite uno “sciocco” selfie – a ricreare insieme con l’opera ritratta qualcosa di nuovo; qualcosa di bello, fosse anche solo per il gesto compiuto.
E con lo stesso spirito che evidentemente ha precedentemente animato me, un paio d’anni fa Mar Dixon, una mamma di Londra iperattiva su Twitter e che gestisce un sito che si occupa di mostre e musei, ha lanciato la campagna #MuseumSelfie Day.
Che ha un intento nobile sin dalle sue origini, ed è quello di avvicinare i giovani (e il pubblico dalla vita prevalentemente virtuale e social, magari anche più anziano ma alle prime armi come frequentatore di spazi espositivi) alla fruizione dei beni culturali, esorcizzando in questo modo in loro la “sindrome da sbadiglio museale” e possibilmente stimolando in loro il naturale bisogno di Sapere e di Bellezza, intrinseco nell’essere umano ma spesso, purtroppo, assopito.
Alla Dixon l’idea di lanciare la campagna è venuta dopo una serie di visite a svariati musei con sua figlia: “Il mio obiettivo con mia figlia, quando andiamo in un museo, è quello di imparare qualcosa di nuovo. Non deve riguardare necessariamente l’arte, però: può anche trattarsi del fatto che il museo venda delle ottime torte di carota. L’hashtag #MuseumSelfie parla del museo, ma in effetti riguarda le persone che vanno al museo. Tu scatti quella foto, e tu ricorderai quell’immagine e quel momento“.
Mi associo quindi a Mar Dixon, e vi invito a celebrare il #MuseumSelfie day in questo evento che oggi si svolgerà sui Social Network e nei musei di tutto il mondo! E come si fa? È molto semplice: si scatta una foto accanto a un’opera d’arte (o a una torta di carote…) a vostra scelta in un museo a vostra scelta, e la si posta su Facebook, Twitter, Instagram o dove vi pare, accompagnata dall’ hashtag ufficiale #MuseumSelfie e taggando l’account ufficiale @MuseumSelfieDay … e già che ci siamo, visto che vi ho raccontato tutto questo, fossi in voi aggiungerei l’hashtag #Selfieadarte e taggherei il mio account @CleliaPatella !
Buoni selfie a tutti!
Quando iniziai a scattare i #selfieadarte non lo feci guidata dalla mia – pur esistente, sia ben chiaro – vanità. Per quello avrei potuto scegliere di cavalcare l’onda, che impone di scattare selfie comunque e sempre. Non era nemmeno per uno spirito trasgressivo, teso a sdrammatizzare qualcosa che – nonostante Duchamp e tutti i suoi epigoni – appare tuttora difficile da prendere non già meno sul serio, ma in maniera più leggera nel senso sano del termine; e nemmeno per commettere un altro tipo di trasgressione, ovvero disubbidire alla regola imposta da praticamente ogni museo secondo cui è vietatissimo scattare foto all’interno dello stesso (colgo anzi l’occasione per ricordare a tutti che NON È così! Il Decreto Legge 31 maggio 2014, n. 83 sulle disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo (convertito dalla Legge 29 luglio 2014, n. 106) prevede infatti che sia “possibile scattare liberamente foto nei musei per uso personale e comunque senza scopo di lucro”… oltre che senza il flash, che può rovinare le opere!).
Il mio obiettivo era in realtà… didattico. Ma non nel senso più ovvio che questa parola può suscitare: non intendo ergermi a insegnante di alcunché coi miei scatti, anche perché le mie pose generalmente buffe e le frasette di accompagnamento alle foto hanno poco di intellettualmente significativo da trasmettere.
La mia volontà era – ed è – quella di promuovere delle opere (che scelgo) dalle mostre (che scelgo) che vado a visitare e interagire con loro, seppur a un “livello basso”. Attenzione, però: questo presunto basso livello o interesse culturale, che in American English si chiama “lowbrow“, da termine dispregiativo che era è passato a definire un genere (quello del surrealismo pop) tra i più interessanti emersi a cavallo tra lo scorso millennio e l’attuale. Un po’ come capitò all’impressionismo…
Ma non divaghiamo, quello che intendo dire è che l’approccio umoristico, o comunque popolare, all’opera d’arte può permettere (prima di tutto a chi decide di autoritrarsi con l’opera stessa) di leggerne il messaggio da un punto di vista diverso, e più personale. Anche grazie al fatto di ritrovarsi in qualche modo – anche se solo tramite uno “sciocco” selfie – a ricreare insieme con l’opera ritratta qualcosa di nuovo; qualcosa di bello, fosse anche solo per il gesto compiuto.
E con lo stesso spirito che evidentemente ha precedentemente animato me, un paio d’anni fa Mar Dixon, una mamma di Londra iperattiva su Twitter e che gestisce un sito che si occupa di mostre e musei, ha lanciato la campagna #MuseumSelfie Day.
Che ha un intento nobile sin dalle sue origini, ed è quello di avvicinare i giovani (e il pubblico dalla vita prevalentemente virtuale e social, magari anche più anziano ma alle prime armi come frequentatore di spazi espositivi) alla fruizione dei beni culturali, esorcizzando in questo modo in loro la “sindrome da sbadiglio museale” e possibilmente stimolando in loro il naturale bisogno di Sapere e di Bellezza, intrinseco nell’essere umano ma spesso, purtroppo, assopito.
Alla Dixon l’idea di lanciare la campagna è venuta dopo una serie di visite a svariati musei con sua figlia:“Il mio obiettivo con mia figlia, quando andiamo in un museo, è quello di imparare qualcosa di nuovo. Non deve riguardare necessariamente l’arte, però: può anche trattarsi del fatto che il museo venda delle ottime torte di carota. L’hashtag #MuseumSelfie parla del museo, ma in effetti riguarda le persone che vanno al museo. Tu scatti quella foto, e tu ricorderai quell’immagine e quel momento“.
Mi associo quindi a Mar Dixon, e vi invito a celebrare il #MuseumSelfie day in questo evento che oggi si svolgerà sui Social Network e nei musei di tutto il mondo! E come si fa? È molto semplice: si scatta una foto accanto a un’opera d’arte (o a una torta di carote…) a vostra scelta in un museo a vostra scelta, e la si posta su Facebook, Twitter, Instagram o dove vi pare, accompagnata dall’ hashtag ufficiale #MuseumSelfie e taggando l’account ufficiale @MuseumSelfieDay … e già che ci siamo, visto che vi ho raccontato tutto questo, fossi in voi aggiungerei l’hashtag #Selfieadarte e taggherei il mio account @CleliaPatella!
Buoni selfie a tutti!
Subodh Gupta, When Soak Becomes Spill, 2015