La più grande consolazione dell'essere italiani è quella di poter ricorrere alla nostra memoria. Il presente non è dei migliori, e tutto sommato nemmeno il passato prossimo; solitamente serve ricorrere al passato remoto, quando non ai trapassati, per ricordarci dell'orgoglio dell'essere italiani, almeno dal punto di vista culturale ed artistico.
In questo senso, “Codice Italia”, la mostra curata da Vincenzo Trione allestita presso il Padiglione Italia della Biennale di Venezia 2015, è un esempio ben riuscito di quella che la funzione di questa Memoria dovrebbe essere. Ovvero, l'essere la solida base da cui far partire lo slancio verso il futuro.
“In questo vivere nel tempo siamo come l'atleta, che per fare un balzo avanti deve sempre fare un passo indietro, se non fa un passo indietro non riesce a balzare in avanti”: in questa frase - dal sapore vagamente maoista, in questo senso allineata con le tinte rosse che caratterizzano la Biennale di quest'anno - che campeggia sui muri del Padiglione Italia è espresso proprio questo concetto. Ed il lavoro compiuto da Trione e dagli artisti presenti, ognuno con un'opera site specific, opera in maniera efficace in questa direzione.
La mostra si articola in tre capitoli: l'operazione compiuta da artisti italiani di varie formazioni ma accomunati dalla tensione verso la sperimentazione combinata con il ricorso alla memoria storico-artistica del nostro Paese, che sono stati invitati a realizzare opere simboliche e poetiche accompagnate da Archivi della Memoria ispirati all'Atlante di Warburg; l'omaggio di tre artisti stranieri alla nostra Arte; una videoinstallazione che ospita una riflessione di Umberto Eco relativa alla “reinvenzione della memoria”, tema centrale di “Codice Italia”.
Abbiamo rivolto tre domande a Vincenzo Trione curatore del Padiglione Italia.
Come si colloca il tema della Memoria da voi scelto per il Padiglione nell'ambito dell'indirizzo tracciato da Okwui Enwezor per la Biennale?
Con una forma di dialogo, ma anche di indipendenza: Enwezor ha scelto un percorso in gran parte legato al senso della frammentazione della profezia, muovendo da un riferimento a Benjamin. Nel mio caso, cerco di fare un lavoro sul tema della riattivazione della memoria. Una memoria intesa quindi non in senso anacronistico e nostalgico, ma come fondamento per dialogare continuamente con il presente e prefigurare scenari possibili. Quello che mi ha guidato è la scelta di artisti che pensano l'immagine e l'opera come spazi all'interno dei quali i riferimenti alla storia dell'arte sono in costante dialogo con il bisogno di innovare e di sperimentare sui linguaggi.
Il ricorso alla Memoria, per come paiono intenderlo gli artisti presenti al Padiglione Italia, sembra quasi più di stampo dissacratorio che non qualcosa che assomigli a un omaggio. È questo l'atteggiamento necessario per ripartire dai classici nella contemporaneità?
Si. L'unico modo per misurarsi con i classici, con i padri dell'arte sta probabilmente nell'avviare un dialogo aperto ma sempre inquieto e mai omaggiante, sfidando i riferimenti alla storia dell'arte e alla classicità con un gusto profondo per la profanazione. Il bisogno che accomuna tutti gli artisti è questo: non di innalzare la storia dell'arte su un piedistallo, ma di acquisirla e collocarla dentro altri circuiti di senso, dentro altri spazi. E, soprattutto, con l'atteggiamento di chi della storia dell'arte fa ciò che vuole, prendendosi quindi il gusto di dissacrarla.
Come ritiene l'approccio degli artisti presenti al Padiglione Italia verso i nuovi media come parte del mezzo espressivo?
In molti autori il rapporto con i media è fortissimo. Si parte dall'utilizzo del supporto fotografico nel caso di Antonio Biasiucci e di Paolo Gioli; Di Gioli, inoltre, presento anche due film che sono un omaggio alla storia delle avanguardie del primo novecento. La matrice fotografica è anche all'origine, per esempio, del lavoro di Giuseppe Caccavale. La videoinstallazione è un tema che si ritrova in Aldo Tambellini e in Andrea Aquilanti. È presente in mostra un film in tre parti come quello di Davide Ferrario su Umberto Eco. Il lavoro di Peter Greenaway è un omaggio alla storia dell'arte, ma risituata attraverso una videoinstallazione che è a metà strada tra il videoclip e l'opera d'arte totale. E Kentridge pensa i suoi disegni come degli sketch per un possibile film.
Ritengo quindi che l'approccio sia molto attivo. Peraltro, quello del rapporto con i nuovi media è un tema che mi sta molto a cuore: insegno arte e nuovi media, è la mia disciplina.
Triennale Design Museum presenta la mostra Normali Meraviglie. La Mano (fino al 4 dicembre 2016), a cura di Alessandro Guerriero: la multiforme interpretazione di oltre 50 artisti e designer internazionali di una Mano disegnata dall’artista Mimmo Paladino. Paladino ha donato alla Fondazione Sacra Famiglia il disegno di una Mano, che è stato riprodotto con entusiasmo e impegno in 54 sculture alte 50 cm dagli ospiti del laboratorio di ceramica dell’ente, attivo nel sostegno a persone con disabilità complesse.
Alessandro Guerriero ha coinvolto, oltre allo stesso Paladino, 53 artisti e designer italiani e stranieri di fama internazionale, chiedendo loro di rielaborare, reinventare e rivestire queste sculture con disegni, dipinti, oggetti.
Durante la Charity gala Dinner il 3 dicembre, presso la sala d’Onore della Triennale di Milano, le Mani verranno assegnate con una lotteria a chi avrà acquistato i relativi biglietti numerati. È possibile partecipare alla Charity Dinner anche senza acquistare il biglietto della Lotteria la Mano, a fronte di una donazione liberale dell’importo minimo di € 200,00.
Il ricavato andrà a favore della Sacra Famiglia per lo sviluppo e il sostegno dei laboratori occupazionali che la Fondazione promuove, affiancando ad attività assistenziali, sanitarie e riabilitative, interventi abilitativi e di socializzazione. Queste attività rappresentano una parte importante in un complessivo e articolato percorso di crescita personale, all’interno del quale le persone con disturbo generalizzato dello sviluppo, autismo e disabilità intellettiva acquisiscono fiducia e trovano occasioni preziose di inclusione sociale.
L’operazione è parte di Normali Meraviglie, iniziativa promossa dalla Fondazione per tutelare e valorizzare il concetto di “Fragilità”, in collaborazione con l’Associazione Tam Tam, scuola di eccellenza di attività visive, che ne coordina la direzione creativa.
Gio Pistone - Eros e Thanatos
Triennale Design Museum presenta la mostra Normali Meraviglie. La Mano (fino al 4 dicembre 2016), a cura di Alessandro Guerriero: la multiforme interpretazione di oltre 50 artisti e designer internazionali di una Mano disegnata dall’artista Mimmo Paladino. Paladino ha donato alla Fondazione Sacra Famiglia il disegno di una Mano, che è stato riprodotto con entusiasmo e impegno in 54 sculture alte 50 cm dagli ospiti del laboratorio di ceramica dell’ente, attivo nel sostegno a persone con disabilità complesse.
Alessandro Guerriero ha coinvolto, oltre allo stesso Paladino, 53 artisti e designer italiani e stranieri di fama internazionale, chiedendo loro di rielaborare, reinventare e rivestire queste sculture con disegni, dipinti, oggetti.
Durante la Charity gala Dinner il 3 dicembre, presso la sala d’Onore della Triennale di Milano, le Mani verranno assegnate con una lotteria a chi avrà acquistato i relativi biglietti numerati. È possibile partecipare alla Charity Dinner anche senza acquistare il biglietto della Lotteria la Mano, a fronte di una donazione liberale dell’importo minimo di € 200,00.
Il ricavato andrà a favore della Sacra Famiglia per lo sviluppo e il sostegno dei laboratori occupazionali che la Fondazione promuove, affiancando ad attività assistenziali, sanitarie e riabilitative, interventi abilitativi e di socializzazione. Queste attività rappresentano una parte importante in un complessivo e articolato percorso di crescita personale, all’interno del quale le persone con disturbo generalizzato dello sviluppo, autismo e disabilità intellettiva acquisiscono fiducia e trovano occasioni preziose di inclusione sociale.
L’operazione è parte di Normali Meraviglie, iniziativa promossa dalla Fondazione per tutelare e valorizzare il concetto di “Fragilità”, in collaborazione con l’Associazione Tam Tam, scuola di eccellenza di attività visive, che ne coordina la direzione creativa.
Stefania Modicamore - Senza titolo
Triennale Design Museum presenta la mostra Normali Meraviglie. La Mano (fino al 4 dicembre 2016), a cura di Alessandro Guerriero: la multiforme interpretazione di oltre 50 artisti e designer internazionali di una Mano disegnata dall’artista Mimmo Paladino. Paladino ha donato alla Fondazione Sacra Famiglia il disegno di una Mano, che è stato riprodotto con entusiasmo e impegno in 54 sculture alte 50 cm dagli ospiti del laboratorio di ceramica dell’ente, attivo nel sostegno a persone con disabilità complesse.
Alessandro Guerriero ha coinvolto, oltre allo stesso Paladino, 53 artisti e designer italiani e stranieri di fama internazionale, chiedendo loro di rielaborare, reinventare e rivestire queste sculture con disegni, dipinti, oggetti.
Durante la Charity gala Dinner il 3 dicembre, presso la sala d’Onore della Triennale di Milano, le Mani verranno assegnate con una lotteria a chi avrà acquistato i relativi biglietti numerati. È possibile partecipare alla Charity Dinner anche senza acquistare il biglietto della Lotteria la Mano, a fronte di una donazione liberale dell’importo minimo di € 200,00.
Il ricavato andrà a favore della Sacra Famiglia per lo sviluppo e il sostegno dei laboratori occupazionali che la Fondazione promuove, affiancando ad attività assistenziali, sanitarie e riabilitative, interventi abilitativi e di socializzazione. Queste attività rappresentano una parte importante in un complessivo e articolato percorso di crescita personale, all’interno del quale le persone con disturbo generalizzato dello sviluppo, autismo e disabilità intellettiva acquisiscono fiducia e trovano occasioni preziose di inclusione sociale.
L’operazione è parte di Normali Meraviglie, iniziativa promossa dalla Fondazione per tutelare e valorizzare il concetto di “Fragilità”, in collaborazione con l’Associazione Tam Tam, scuola di eccellenza di attività visive, che ne coordina la direzione creativa.
Giulio Jacchetti - Mano Ferita
“Time is Out of Joint mette in campo una eterodossia, una disobbedienza, una sovversione così naturale che si potrebbe definire con Jabes “uno dei momenti privilegiati in cui si ristabilisce il nostro equilibrio precario e si configura un incipit. Un punto sorgente e una persistenza che mette fuori gioco qualsiasi certezza cronologica e mette in campo una temporalità plastica che si comporta come il bosone di Higgs, dipende dunque dal nostro sguardo. E con un vero e proprio montaggio, con la parzialità che ogni scelta e ogni selezione porta con sé, a precipitare il tempo storico cronologico, anacronizza passato, presente e futuro, ricostruisce e fa decantare un altro tempo, mentre mette in evidenza intervalli e durate, riprese e contrattempi. Un tempo pieno di faglie, fratture, vuoti, scarti e scatti, che suggerisce molte combinazioni come quelle che Time, senza esitazioni, espone in piena luce.Ci muoviamo nello spazio attraversando le sale e le opere, dove le immagini sono”fisse, in relazione simultanea tra loro, come se fossero prequel e sequel insieme: un cinema al contrario, dove la “fotografia”, la visione ha un ruolo chiave nel cristallizzare e trattenere tensioni così fertili anche nella loro composta presenza. Time dispiega un tempo cinematografico, un racconto, un flusso di memoria, un’anticipazione di quello che verrà e prova ad assomigliarci più di quanto faccia un libro di storia dell’arte.”
[Cristiana Collu, Direttore della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea]
Mimmo Paladino, Tana (1993)
Pietro Galli, Apollo (1838)