Twelve Shoes: la calzatura come filo conduttore tra Artigianato, Moda e Arte
Alla Galleria dei Passi Perduti – mai nome fu più adatto! – di Palazzo dei Giureconsulti a Milano c’è “Twelve Shoes una per ogni ora del giorno” una mostra a cura di Daniela Fedi e Lucia Serlenga che, con il supporto del fotografo Federico Garibaldi e theMICAM, salone internazionale della calzatura leader a livello mondiale, indagano sulla calzatura come filo conduttore che unisce Artigianato, Moda e Arte.
L’esposizione nasce da un’osservazione di costume: è evidente che non basti un solo paio di scarpe. E se il New York Times, in una propria indagine, ha stabilito in 5 il numero di paia essenziali, le curatrici sono arrivate a considerarne dodici. Come le ore della giornata, ognuna vissuta intensamente dalla moderna “Wonder Woman”, che per questo necessita di affrontarle con il giusto confort. Mettendo in mostra così una nuova filosofia di vita hanno selezionato dodici scarpe-simbolo tra le nuove proposte presentate in fiera degli oltre 1450 espositori di theMICAM.
“Le calzature, nella loro dimensione quotidiana, rappresentano un prolungamento di noi, delle nostre intenzioni, delle nostre esperienze, perfino dei nostri ricordi” spiega Annarita Pilotti, presidente di Assocalzaturifici. Ecco quindi che le gigantografie di Garibaldi ritraggono le scarpe come un soggetto assolutamente dinamico, in sintonia con chi le indossa. E il fotografo, quasi come un moderno Boccioni, esplora i rapporti tra lo spazio e l’oggetto, cogliendone il dinamismo.
Le opere sono poste accanto ai soggetti ritratti, sia per confrontare la visione e l’interpretazione dell’artista che per facilitare la diretta osservazione delle scarpe, che sono indubbiamente oggetti di design e arte applicata.
Abbiamo posto alcune domande alle curatrici.
Una mostra sulle scarpe: scommetto che la percentuale di visitatrici donne sarà particolarmente elevata…
F: In realtà speriamo che ci siano anche degli uomini. D’altronde, come diceva la celebre frase: “Dietro ogni uomo c’è sempre una donna ferma tre vetrine prima a guardare scarpe”.
Come sono nate l’idea della mostra e il rapporto con MICAM?
F: Ci hanno chiamate chiedendoci se ci fosse un modo per raccontare la calzatura in maniera culturale. Da giornaliste, abbiamo risposto che c’è senz’altro un modo sociale per raccontare le scarpe. Dai tempi del film “Una donna in carriera”, con Melanie Griffith che usciva di casa con le sneakers e arrivava in ufficio pronta per sedurre Harrison Ford mettendosi le scarpe col tacco, c’è stata una escalation, e la situazione è arrivata a una complessità più articolata.
S: E la sfida è stata quella di trasformare l’analisi sociale in un grande esercizio d’arte. Abbiamo scelto un fotografo molto bravo che ha saputo cogliere il lato artistico della scarpa, un oggetto di design straordinario.
Sono dodici le scarpe esposte. Con che criterio le avete scelte?
F: Le abbiamo scelte partendo da una scansione temporale: dodici ore, dodici scarpe. E per ogni ora abbiamo scelto quella che ci pareva la più idonea ad esprimere sia il lato artistico che quello funzionale, oltre che etico. Non è stato semplice, perché a theMICAM ci sono oltre 1400 espositori.
Se questa mostra fosse stata fatta al maschile ci sarebbero molte meno scarpe in mostra. È vero? E perché?
F: Si, effettivamente si, perchè gli uomini non portano il tacco.
S: Non ancora… (risata generale)
Il rapporto tra arte e moda è stato indagato più spesso di recente, con mostre come “Bellissima”, o anche la recentissima “Tra Arte e Moda” al museo Ferragamo, in cui tra le altre cose si possono vedere le “Tirassegno Decolletè” di Ferragamo stesso, ispirate a un opera di Kenneth Noland. Si va sempre più verso un riconoscimento del valore artistico di questo tipo di artigianato?
S: Sono assolutamente convinta che sia così. Anzi, sarebbe auspicabile che il trend salisse ulteriormente, perchè nella scarpa, oltre alla creatività italiana, c’è anche moltissimo artigianato. Ogni volta che ci guardiamo i piedi dovremmo capire che dietro a ciò che indossiamo c’è qualcuno che ha fatto almeno un centinaio di operazioni anche manuali per creare quelle scarpe.
Una coppia di artigiani calzaturieri belgi appassionati di arte contemporanea ha aperto “Shoes or no Shoes”, un museo di scarpe d’artista: indossate da artisti mentre dipingono, raffigurate da artisti, diventate esse stesse opera d’arte ready-made.
Tornando però alla scarpa da indossare, e considerando il fatto che la scarpa di pregio sia innanzitutto un oggetto di design, potremmo dire che sia – tra tutto ciò che indossiamo – la cosa più “artistica”?
F: Questo forse no. Però chiediamoci perchè Ferragamo nasce dalle scarpe e diventa un marchio così importante, Hermès nasce da borse e scarpe e diventa un marchio così importante…Valerie Steele, direttrice e curatore capo del museo “Fashion Institute of Technology” dice: “Una scarpa messa per terra sta per conto suo! La sua forma e l’aspetto non cambiano. Se sembra emozionante è emozionante su qualsiasi donna. Un vestito e una camicetta per terra sono solo pezzi di stoffa”. È vero: la scarpa è emozionante con e senza una donna, e non è una cosa da poco, è un’osservazione molto intelligente.
Andy Warhol, forse il più emblematico tra gli artisti moderni, nasce e si afferma in realtà – negli anni 50 – come illustratore di scarpe per Vogue, Harper’s Bazaar e riviste simili. I suoi modelli erano particolarmente estrosi e moderni, molto simili a quello che si vede in passerella nelle collezioni degli shoe designer di oggi. Al di là delle mode, quindi, esiste un’arte della scarpa classica e senza tempo?
F: Ti risponderemo meglio con un’altra mostra in futuro… per ora non possiamo anticipare. Ma comunque assolutamente sì!
Nel catalogo della mostra c’è uno “scarpario” ovvero il vocabolario ai piedi delle donne.
S: Abbiamo cercato di dare più informazioni possibili sulle scarpe. “Kitten Shoes”… che cosa sono? E le Mary Jane? Le Open Toe? Crediamo sia molto divertente e utile.
Grazie alle curatrici e complimenti ad Assocalzaturifici e MICAM per le scarpe!