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Il MUDEC - Museo delle Culture della città di Milano ospita una retrospettiva dedicata allo scultore messicano Javier Marín.
La mostra Corpus curata da Christian Bàrragan, presenta 36 opere realizzate con tecniche e materiali diversi, in un arco temporale ampio all’interno del percorso dell’artista che sottolinea tutti i passaggi salienti della sua carriera, con sculture provenienti dal Messico e dall’Italia. In particolare Caveza Chico Grande è stata concepita e realizzata appositamente per questa occasione.
Tutte le opere sono caratterizzate da un forte impatto visivo grazie alla loro dimensione e alla loro imponenza: il famoso tappeto di corpi, l’opera En Blanco, torna in Italia per essere esposta dopo la presentazione alla Biennale di Venezia del 2003.
Con quasta mostra  realizzata grazie alla Fondazione Javier Marìn con la presenza dell’Ambasciata del Messico in Italia, il Mudec continua il suo racconto sulla cultura messicana, offerto già in occasione della mostra dedicata a Frida Kahlo.
CORPUS resterà aperta al pubblico fino al 9 settembre 2018.
 
Javier Marín - Torso de Mujer o - Torso de Hombre Marcado 2008
 
 
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Nel Palazzo di Brera di Milano, al Fuorisalone dal 17 aprile c’è “Transitions” by Panasonic Designs.

Si tratta di un’installazione di alto impatto scenografico che la nota azienda giapponese, già attivamente presente al salone nel corso degli anni passati e vincitrice di premi quali il People’s Choice Award nel 2016 e il Best Storytelling Award nel 2017, ha fortemente voluto per celebrare i 100 anni dalla sua fondazione; e, come racconta il titolo, “Transitions” è un concept che sottolinea le intenzioni di Panasonic di affrontare e trasformazioni e le sfide di un futuro ancora ignoto nel rispetto della tradizione.

Tutto questo si concretizza con un’attività dal nome evocativo: “Air Inventions”, ovvero una spettacolare installazione che sfrutta le tecnologie da tempo sviluppate dalla multinazionale nel condizionamento dell’aria - appunto - come anche nell’elaborazione di immagine, suono, illuminazione.

Il design, quindi, da disciplina espressa per elementi materici si rende eterea ed impalpabile come l’aria: un’aria estremamente purificata ed incredibilmente elaborata, tramite tecnologie come “Silky Fine Mist” - che diffonde microparticelle atomizzate d’acqua nell’imponente padiglione del diametro di 20 metri presente nel cortile di Brera e che è - non a caso - a forma di enorme goccia - e come Nanoe X, purificatore d’aria.

Sulla superficie e all’interno della goccia gigante verranno realizzate proiezioni in 4K tramite proiettori laser Panasonic ad alta luminosità, con ottiche speciali progettate per proiezioni dome ad altissima risoluzione, che regaleranno allo spettatore una qualità video impressionante, immergendolo in un’esperienza multi sensoriale unica.

L’iniziativa “Transitions in Conversation”, che consiste in tre talk events che si svolgeranno presso la Sala della Passione del Palazzo, completeranno l’esperienza. Tre le grandi tematiche affrontate: “Culture”, “Living Space” e “Community”.

La grande goccia di Transitions resterà nel cortile d’onore del palazzo di Brera fino al 22 aprile 2018.

 

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A Milano dal 17 al 25 aprile, nel contesto del Fuorisalone, c'è "Living Nature: la natura dell'abitare".

Il progetto, voluto dal Salone del Mobile e sviluppato con lo studio di Carlo Ratti, architetto, ingegnere e docente al MIT di Boston è collocato in pieno centro, tra il Duomo e Palazzo Reale, sotto lo stretto controllo della soprintendenza ai Beni Architettonici per rispettare le decorazioni pavimentali della piazza.

L'installazione temporanea di 500 metri quadri per cinque metri d'altezza, frutto di un lavoro di un anno da parte di venticinque professionisti - non solo architetti, ma anche paesaggisti, botanici, scenografi - permette - a tutti e gratuitamente – un’immersione microclimatica senza precedenti: in essa, infatti, vengono ricreate le quattro stagioni: Inverno, Primavera, Estate e Autunno, visitabili in soli dieci minuti.

Non stupisce che sia Milano ad ospitare questa realizzazione: il capoluogo lombardo non è infatti nuovo a contaminazioni tra natura e architettura, che - anzi - pare porsi sempre più al centro delle idee dei nuovi progetti, come nel caso del Bosco Verticale; un nuovo design sostenibile.

L’attenzione viene posta sugli aspetti legati al consumo energetico e al controllo del clima. Dimostrando che NON sprecare energia è possibile. La copertura dell’installazione è dotata di una membrana selettiva in grado di regolare luce e temperatura, e pannelli fotovoltaici ispirati alla fotosintesi clorofilliana forniscono l’energia necessaria a controllare i vari microclimi; tutto questo, assieme ad accumulatori e pompe di calore, permette al sistema di utilizzare il calore generato durante la fase di raffreddamento dell’area invernale per riscaldare l’ambiente estivo.

L’obiettivo è quello di arrivare a consumo zero.

I quattro spazi interni triangolari ospitano ognuno una serie di piante, dagli alberi agli ortaggi, tipici della stagione; i visitatori si ritroveranno immersi in contesti familiari, in cui verranno inseriti pochi mobili in armonia con l'ambiente ricreato;

e saranno in grado di cogliere l'aspetto ricreativo [fare a palle di neve] della transizione da una stagione all'altra, come quello educativo, relativo all'esplorazione del rapporto tra città e natura: un argomento costantemente ricorrente nella cultura occidentale, dai tempi antichi fino a Frank Lloyd Wright e alle utopistiche città giardino di Ebenezer Howard.

Con in mente un sogno: quello di potere, un giorno, replicare questa esperienza negli ambienti della vita quotidiana, degli uffici alle stesse abitazioni. Perché non c’è posto dove viviamo meglio che immersi nella natura.

I microcosmi climatici di Living Nature resteranno a Milano fino al 25 aprile

 

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Il Comune di Milano Cultura e il Museo del 900 presentano “Giosetta Fioroni. Viaggio Sentimentale“, mostra realizzata in collaborazione con la casa editrice Electa, a cura di Flavio Arensi ed Elettra Bottazzi.
Per la prima volta Milano dedica a Giosetta Fioroni una grande mostra antologica, con oltre 160 opere capaci di raccontare al pubblico la complessità tematica e linguistica del suo intero percorso artistico.
Figura di riferimento della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo a Roma insieme a Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa e tutti gli artisti che hanno animato la galleria “La tartaruga” di Plinio de Martiis, Giosetta Fioroni rappresenta un’eccezione nel panorama italiano dell’arte e anche per questo è diventata una protagonista della scena artistica internazionale. Fuori dal coro, fuori dalle mode, lucida ed esplosiva, l’artista ha sviluppato in oltre sessanta anni di attività un linguaggio visivo forte ed eloquente fatto di simboli, segni ed emozioni: muovendosi a suo agio tra pittura, disegno, performance, video, teatro, ceramica e moda, ha sempre intrecciato il suo lavoro alla sua vita in modo audace e romantico. Da qui il titolo della mostra Giosetta Fioroni. Viaggio Sentimentale che prende spunto dalla canzone “Sentimental Journey” portata al successo da Doris Day nel 1944 e che mette in evidenza tanto il lungo incedere creativo dell’artista, come la sua volontà di raccontare, passo dopo passo, tutto quello che offre una vita sentimentale.
Il percorso espositivo, oltre al piano terra del Palazzo dell’Arengario, si snoda nelle sale (circa 700 mq) che affacciano su piazzetta Reale, allestite in senso cronologico per offrire una panoramica completa dell’attività pittorica dell’artista, grazie al progetto di allestimento di Massimo Curzi che ha lavorato immaginando di condurre il visitatore dentro lo studio dell’artista.

Giosetta Fioroni - L'altra ego #1 (Marco Delogu, 2012)

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Il Comune di Milano Cultura e il Museo del 900 presentano “Giosetta Fioroni. Viaggio Sentimentale“, mostra realizzata in collaborazione con la casa editrice Electa, a cura di Flavio Arensi ed Elettra Bottazzi.
Per la prima volta Milano dedica a Giosetta Fioroni una grande mostra antologica, con oltre 160 opere capaci di raccontare al pubblico la complessità tematica e linguistica del suo intero percorso artistico.
Figura di riferimento della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo a Roma insieme a Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa e tutti gli artisti che hanno animato la galleria “La tartaruga” di Plinio de Martiis, Giosetta Fioroni rappresenta un’eccezione nel panorama italiano dell’arte e anche per questo è diventata una protagonista della scena artistica internazionale. Fuori dal coro, fuori dalle mode, lucida ed esplosiva, l’artista ha sviluppato in oltre sessanta anni di attività un linguaggio visivo forte ed eloquente fatto di simboli, segni ed emozioni: muovendosi a suo agio tra pittura, disegno, performance, video, teatro, ceramica e moda, ha sempre intrecciato il suo lavoro alla sua vita in modo audace e romantico. Da qui il titolo della mostra Giosetta Fioroni. Viaggio Sentimentale che prende spunto dalla canzone “Sentimental Journey” portata al successo da Doris Day nel 1944 e che mette in evidenza tanto il lungo incedere creativo dell’artista, come la sua volontà di raccontare, passo dopo passo, tutto quello che offre una vita sentimentale.
Il percorso espositivo, oltre al piano terra del Palazzo dell’Arengario, si snoda nelle sale (circa 700 mq) che affacciano su piazzetta Reale, allestite in senso cronologico per offrire una panoramica completa dell’attività pittorica dell’artista, grazie al progetto di allestimento di Massimo Curzi che ha lavorato immaginando di condurre il visitatore dentro lo studio dell’artista.

Giosetta Fioroni - Giosetta con Giosetta a 9 anni, 2002

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Il Comune di Milano Cultura e il Museo del 900 presentano “Giosetta Fioroni. Viaggio Sentimentale“, mostra realizzata in collaborazione con la casa editrice Electa, a cura di Flavio Arensi ed Elettra Bottazzi.
Per la prima volta Milano dedica a Giosetta Fioroni una grande mostra antologica, con oltre 160 opere capaci di raccontare al pubblico la complessità tematica e linguistica del suo intero percorso artistico.
Figura di riferimento della cosiddetta Scuola di Piazza del Popolo a Roma insieme a Franco Angeli, Mario Schifano, Tano Festa e tutti gli artisti che hanno animato la galleria “La tartaruga” di Plinio de Martiis, Giosetta Fioroni rappresenta un’eccezione nel panorama italiano dell’arte e anche per questo è diventata una protagonista della scena artistica internazionale. Fuori dal coro, fuori dalle mode, lucida ed esplosiva, l’artista ha sviluppato in oltre sessanta anni di attività un linguaggio visivo forte ed eloquente fatto di simboli, segni ed emozioni: muovendosi a suo agio tra pittura, disegno, performance, video, teatro, ceramica e moda, ha sempre intrecciato il suo lavoro alla sua vita in modo audace e romantico. Da qui il titolo della mostra Giosetta Fioroni. Viaggio Sentimentale che prende spunto dalla canzone “Sentimental Journey” portata al successo da Doris Day nel 1944 e che mette in evidenza tanto il lungo incedere creativo dell’artista, come la sua volontà di raccontare, passo dopo passo, tutto quello che offre una vita sentimentale.
Il percorso espositivo, oltre al piano terra del Palazzo dell’Arengario, si snoda nelle sale (circa 700 mq) che affacciano su piazzetta Reale, allestite in senso cronologico per offrire una panoramica completa dell’attività pittorica dell’artista, grazie al progetto di allestimento di Massimo Curzi che ha lavorato immaginando di condurre il visitatore dentro lo studio dell’artista.

Giosetta Fioroni - Stardust (2006), Jane (2006), Lulù (2003), Agatha (2003)

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Dal primo febbraio al 3 giugno 2018, al Mudec - Museo delle Culture di Milano è allestita la mostra-evento sull’artista messicana più acclamata al mondo: “Frida Kahlo - Oltre il mito”.

 

Promossa dal Comune di Milano-Cultura e da 24 ORE Cultura-Gruppo 24 ORE, che ne è anche il produttore, la mostra porta in Italia oltre cento opere dell’artista, tra cui una cinquantina di dipinti, oltre a disegni e fotografie. Saranno riunite - per la prima volta in Italia - in un’unica sede tutte le opere provenienti dal Museo Dolores Olmedo di Città del Messico e dalla Jacques and Natasha Gelman Collection, le due più importanti collezioni di Frida Kahlo al mondo, e con la partecipazione di autorevoli musei internazionali che presteranno alcuni dei capolavori dell’artista messicana mai visti nel nostro Paese (tra i quali, il Phoenix Art Museum, il Madison Museum of Contemporary Art e la Buffalo Albright-Knox Art Gallery).

 

Il nome della mostra è una dichiarazione di intenti: come sostiene Diego Sileo, il curatore, questo progetto nasce quasi come reazione alla estrema proliferazione di eventi espositivi dedicati alla pittrice messicana, che tendono troppo spesso a porre il focus sulla sua esistenza travagliata, come se la sua pittura fosse essenzialmente un riflesso dei suoi drammi esistenziali. Qui, invece, l’obiettivo - che si realizza grazie a sei anni di studi e ricerche - è quello di andare oltre la mitologia dell’artista, per analizzarne a fondo la poetica e per delineare una nuova chiave di lettura attorno alla sua figura, evitando ricostruzioni forzate, interpretazioni sistematiche o letture biografiche troppo comode.

 

Tutto questo è reso possibile grazie alla registrazione di inediti e sorprendenti materiali: a partire dall’archivio ritrovato nel 2007 nei bagni di Casa Azul, dove la pittrice visse con Diego Rivera, oltre che da altri importanti archivi qui presenti per la prima volta con materiali sorprendenti (archivio di Isolda Kahlo, archivio di Miguel N. Lira, archivio di Alejandro Gomez Arias).

 

Non solo il suo desiderio frustrato di essere madre, la lotta contro la malattia o il rapporto tormentato con Diego Rivera, quindi, ma la ricerca cosciente dell’Io, l’affermazione della sua messicanità, l’espressione della sofferenza vitale. Aspetti che fanno di Frida Kahlo non semplicemente una donna che dipinge quasi come si trattasse di una sorta di autoanalisi semiamatoriale, ma una artista che tratta scientemente temi profondamente vissuti e radicati in sé.

 

L’allestimento della mostra riflette gli argomenti che emergono dalle ricerche degli archivi. Quattro le sezioni - Donna, terra, politica e dolore - per un percorso espositivo teso a sottolineare la forte coerenza artistica e tematica della pittrice, che va ben oltre la comune visione romantica della sua vita ricca di contraddizioni.

 

@ilGiornale.it

 

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Il 20 aprile 2018 ha aperto al pubblico l'edificio che completa la sede di Milano della Fondazione Prada: la Torre, inaugurata nel maggio 2015 e progettata da Rem Koolhaas con Chris van Duijn e Federico Pompignoli dello studio OMA.

Alta 60 metri, è realizzata in cemento bianco strutturale a vista. Un edificio di nove piani che arricchisce il repertorio espositivo e definisce la visione architettonica della fondazione, caratterizzata da una varietà di opposizioni e frammenti. Ciascuno dei nove piani della Torre offre una percezione inedita degli ambienti interni.

All’interno dei sei livelli espositivi inaugura il progetto “Atlas” nato da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant. Riunisce opere della Collezione Prada in una successione di spazi che accolgono assoli o confronti, creati per assonanza o contrasto, tra artisti come Carla Accardi e Jeff Koons, Walter De Maria, Mona Hatoum ed Edward Kienholz and Nancy Reddin Kienholz, Michael Heizer e Pino Pascali, William N. Copley e Damien Hirst, John Baldessari e Carsten Höller.

L’insieme dei lavori esposti, realizzati tra il 1960 e il 2016, rappresenta una possibile mappatura delle idee e delle visioni che hanno guidato la formazione della collezione e le collaborazioni con gli artisti che hanno contribuito allo sviluppo delle attività della fondazione nel corso degli anni. “Atlas” testimonia così un percorso tra personale e istituzionale, in evoluzione, aperto a interventi temporanei e tematici, a progetti ed eventi speciali, con possibili integrazioni da altre collezioni e istituzioni.Dall’apertura della nuova sede nel 2015, la collezione è diventata uno degli strumenti di lavoro a disposizione del programma culturale della fondazione, assumendo diverse configurazioni – dalle mostre tematiche alle collettive, dalle antologiche ai progetti curati da artisti – e trova ora nella Torre uno spazio permanente di esposizione.

Carsten Höller - Upside Down Mushroom Room, 2000

 

 

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Il 20 aprile 2018 ha aperto al pubblico l'edificio che completa la sede di Milano della Fondazione Prada: la Torre, inaugurata nel maggio 2015 e progettata da Rem Koolhaas con Chris van Duijn e Federico Pompignoli dello studio OMA.

Alta 60 metri, è realizzata in cemento bianco strutturale a vista. Un edificio di nove piani che arricchisce il repertorio espositivo e definisce la visione architettonica della fondazione, caratterizzata da una varietà di opposizioni e frammenti. Ciascuno dei nove piani della Torre offre una percezione inedita degli ambienti interni.

All’interno dei sei livelli espositivi inaugura il progetto “Atlas” nato da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant. Riunisce opere della Collezione Prada in una successione di spazi che accolgono assoli o confronti, creati per assonanza o contrasto, tra artisti come Carla Accardi e Jeff Koons, Walter De Maria, Mona Hatoum ed Edward Kienholz and Nancy Reddin Kienholz, Michael Heizer e Pino Pascali, William N. Copley e Damien Hirst, John Baldessari e Carsten Höller.

L’insieme dei lavori esposti, realizzati tra il 1960 e il 2016, rappresenta una possibile mappatura delle idee e delle visioni che hanno guidato la formazione della collezione e le collaborazioni con gli artisti che hanno contribuito allo sviluppo delle attività della fondazione nel corso degli anni. “Atlas” testimonia così un percorso tra personale e istituzionale, in evoluzione, aperto a interventi temporanei e tematici, a progetti ed eventi speciali, con possibili integrazioni da altre collezioni e istituzioni.Dall’apertura della nuova sede nel 2015, la collezione è diventata uno degli strumenti di lavoro a disposizione del programma culturale della fondazione, assumendo diverse configurazioni – dalle mostre tematiche alle collettive, dalle antologiche ai progetti curati da artisti – e trova ora nella Torre uno spazio permanente di esposizione.

Walter De Maria - Bel Air Trilogy, 2000/2011

 

 

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Il 20 aprile 2018 ha aperto al pubblico l'edificio che completa la sede di Milano della Fondazione Prada: la Torre, inaugurata nel maggio 2015 e progettata da Rem Koolhaas con Chris van Duijn e Federico Pompignoli dello studio OMA.

Alta 60 metri, è realizzata in cemento bianco strutturale a vista. Un edificio di nove piani che arricchisce il repertorio espositivo e definisce la visione architettonica della fondazione, caratterizzata da una varietà di opposizioni e frammenti. Ciascuno dei nove piani della Torre offre una percezione inedita degli ambienti interni.

All’interno dei sei livelli espositivi inaugura il progetto “Atlas” nato da un dialogo tra Miuccia Prada e Germano Celant. Riunisce opere della Collezione Prada in una successione di spazi che accolgono assoli o confronti, creati per assonanza o contrasto, tra artisti come Carla Accardi e Jeff Koons, Walter De Maria, Mona Hatoum ed Edward Kienholz and Nancy Reddin Kienholz, Michael Heizer e Pino Pascali, William N. Copley e Damien Hirst, John Baldessari e Carsten Höller.

L’insieme dei lavori esposti, realizzati tra il 1960 e il 2016, rappresenta una possibile mappatura delle idee e delle visioni che hanno guidato la formazione della collezione e le collaborazioni con gli artisti che hanno contribuito allo sviluppo delle attività della fondazione nel corso degli anni. “Atlas” testimonia così un percorso tra personale e istituzionale, in evoluzione, aperto a interventi temporanei e tematici, a progetti ed eventi speciali, con possibili integrazioni da altre collezioni e istituzioni.Dall’apertura della nuova sede nel 2015, la collezione è diventata uno degli strumenti di lavoro a disposizione del programma culturale della fondazione, assumendo diverse configurazioni – dalle mostre tematiche alle collettive, dalle antologiche ai progetti curati da artisti – e trova ora nella Torre uno spazio permanente di esposizione.

Damien Hirst - Atlas

 

 

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